Cina - Aprile 2017

Abbiamo viaggiato in Cina tra il 23 aprile e il 13 maggio 2017. In tre settimane molto intense, con molti e variati trasferimenti interni abbiamo percorso quasi 7000 Km, battuti solo dal coast-to-coast americano del 2018. Un viaggio stupendo, indimenticabile per le cose viste ma anche e soprattutto perchè la Cina è un mondo altro rispetto al nostro, diverso in maniera a volte inquietante, peculiare per tradizioni, popoli, cultura. In questo, un'esperienza simile all'India, ma se possibile ancora più varia da molti punti di vista tra cui quello gastronomico, ciboper noi tutt'altro che secondario...

La quantità di materiale fotografico e video raccolta è veramente eccessiva, e questo ha fatto ritardare così tanto il racconto del viaggio sul sito, che inizia e che chissà se mai terminerà in un qualche modo compiuto e per me soddisfacente. Ho deciso di strutturare le pagine in modo più o meno cronologico, seguendo le date e gli spostamenti. Se alla fine ne avrò voglia farò anche qualche parte tematica perchè, ad esempio, il capitolo mercati, ristoranti, street food e cibo in generale merita veramente un approfondimento per il suo fascino particolare.

Il viaggio lo abbiamo organizzato interamente da casa, prenotando ed acquistando in anticipo la quasi totalità degli spostamenti interni (aerei, treni) ed i pernottamenti nelle varie città. Inoltre, sempre da casa abbiamo disbrigato una delle voci di spesa più importanti, ma secondo noi assolutamente indispensabile, anche a posteriori: quella delle guide in loco (con o senza auto a seconda dei luoghi). Visitare la Cina da soli è un'impresa che sconsiglio se non si è viaggiatori molto arditi ed esperti. L'ostacolo principale è senz'altro la lingua parlata e scritta (ostacolo che peraltro sta diventando meno insuperabile grazie alle moderne tecnologie di traduzione automatica disponibili su cellulare) ma anche la mentalità locale molto diversa dalla nostra, che in generale può far perdere facilmente la pazienza. Una guida locale è sempre consigliabile, più che per farti vedere le cose interessanti, come mediatore di rapporti tra te e chi ti sta intorno. Tutte le guide locali le abbiamo trovate su Internet, grazie al passa-parola e a indagini via mail. Le uniche eccezioni sono state le visite di Yangshuo e Shanghai, che ce la siamo sentita di affrontare da soli anche vista la mia esperienza pregressa dei due luoghi.

Per informazione generale ho messo a disposizione qui l'itinerario finale, quello con cui siamo partiti per la Cina dopo un'intensa negoziazione con tutti i nostri riferimenti locali. Chi avrà voglia di vederlo troverà dei pezzi in inglese, erano quelli concordati con le varie guide, ed alcuni punti interrogativi, che si sono naturalmente risolti nel corso del viaggio. Il programma lo abbiamo alla fine ampiamente rispettato, con piccole variazioni (ad esempio non siamo andati a Suzhou da Shanghai, ma abbiamo visitato meglio la città, che è grande e interessante, e poi era verso la fine del viaggio ed eravamo anche un po' stanchi e frastornati...). Come al solito chi volesse informazioni più accurate o avesse qualche curiosità particolare può chiederci via mail.

Ecco la cronaca, e come consiglio quello di guardare le foto insieme o dopo la lettura del racconto, così saranno maggiormente esplicative e comprensibili.

Vai direttamente a: Datong e Pingyao - Xi'an - Guilin e Yangshuo - Hangzhou e monti Huangshan - Tunxi, Hangcun, Xidi e Nanping - Shanghai

 

Pechino (Beijing) - Foto

Mediare l'impatto con la Cina entrando da questa grande città è secondo me l'ideale. Sei in un luogo ampiamente internazionale, ma subito incontri le cose più caratteristiche soprattutto se, come abbiamo fatto, trovi una sistemazione nel centro storico della città, in un alberghetto nei caotici ed affollati hutong che circondano la Città proibita. Così abbiamo fatto, ed arrivati all'aeroporto alle 6 di mattina già la prima giornata è stata intensissima. Con la nostra guida Gary, un giovanotto molto colto, di buon inglese e di presenza discreta ma sempre solerte siamo andati a visitare dapprima il complesso del Tempio del Cielo, uno dei più bei templi della città. L' esperienza è bellissima e importante non (sol)tanto per l'edificio, fantastico, che avevo già visto 30 anni fa e che allora si poteva pure visitare all'interno (oggi è vietato entrare e puoi avere uno sguardo solo salendo sulle spalle del muro umano di cinesini che ti stanno davanti in ogni occasione). La vita sociale dei cinesi nei parchi cittadini, soprattutto la domenica mattina, è infatti uno spettacolo altrettanto indimenticabile e che merita una narrazione a parte (corredata da video, non lasciatevela scappare!!! sorriso).

Subito dopo il Tempio del Cielo abbiamo visitato un parco altrettanto affascinante, quello della residenza estiva degli imperatori (il Palazzo d'Estate). Sulla sponda di un lago artificiale (come tutti gli spelagocchi d'acqua della capitale, costruito dalla regale grandezza delle dinastie più importanti dell'impero) sorge, su una collina e circondato anch'esso da un grande parco, il palazzo imperiale, di stile classico e di grande fascino. In questa residenza gli imperatori e la loro corte trascorrevano i mesi più caldi dell'anno, rinfrescati dalla brezza del lago e dalla verzura del parco. Una delle cose più interessanti è il lunghissimo camminamento ligneo coperto ed ornato fittamente da pitture, fregi ed intarsi colorati. Loro (i cinesi) sostengono che sia il corridoio più lungo del mondo, e non si fa fatica a credergli. Il portico parte all'ingresso del parco, e conduce fino alla scalinata che sale al palazzo-torre e, più oltre, all'imbarcadero da cui partono i variopinti battelli che trasportano i visitatori nella travesrata del lago, verso lo scenografico ponte che fronteggia la collina del palazzo.

Nel pomeriggio, dopo un velocissimo pranzo nel ristorantino di un centro commerciale abbiamo visitato, in risciò (in macchina non è possibile per la dimensione dei vicoli) gli hutong, i quartieri popolari che le autorità hanno secondo me saggiamente voluto preservare dall'attacco concentrico sferrato dai grattacieli al centro della città. Certo, sono ben diversi da come li ricordavo ed erano trenta anni fa, quando me ne andavo in giro in bicicletta, inzaccherato dal fango delle stradine sterrate, cercando disperatamente di schivare pozzanghere, anatre, maiali, polli e bimbi che razzolavano moccicosi e felici tra le casupole di terra, ma conservano buona parte del loro fascino. Quasi tutti gli edifici sono stati ristrutturati, ed i vicoli asfaltati anche se in maniera sommaria. Ma le case restano basse, ad un piano, e conservano i loro caratteristici cortiletti interni. Le stradine ospitano ancora molta vita popolare, con banchetti improvvisati di innominabili (perchè non riconoscibili, almeno da noi) derrate alimentari, un intenso traffico di cicli e motocicli, negozietti di barbieri, sarti, stagnai, bettole, ed il vociare sempre a voce alta e mezzo arrabbiato (almeno così a noi pare) di questo popolo e degli abitanti di questi quartieri.

Nel dedalo di viuzze degli hutong il nostro solerte accompagnatore Gary ci ha organizzato due incontri. Uno è la visita di una di queste casette storiche, proprietà di una famiglia popolare ma piuttosto agiata che vive grazie all'attività tradizionale della decorazione di bottigline di vetro. Chi conocacatuasce i gadget di questi pazzi artigiani, e chi ha visitato casa nostra risatasa di cosa parlo. La decorazione è fatta dall'interno della bottiglia, con appositi pennelli microscopici che vengono inseriti dall'imboccatura. I risultati sono veramente strabilianti per l'incredibile finezza dei particolari (le opere più minuziose e preziose vanno esaminate con una lente per poterle apprezzare in pieno). Il secondo incontro è anche più strampalato: siamo andati a trovare il più famoso allevatore di grilli da combattimento di Pechino. Le battaglie tra grilli sono ormai giustamente proibite (ma c'è chi dice che in clandestinità non si siano totalmente estinte) ma l'amore per l'allevamento e la cura di questi animaletti è ancora vivo, e la tradizione viene perpetrata (chissà quanto ancora a lungo) da una sparuta schiera di amatori.

Il personaggio è davvero singolare, e le cose che ci racconta sono strabilianti. Inoltre vive in una casupola piena di animali di tutti i tipi: due merli parlanti ci salutano di continuo, ripetendo "Ni-hao" ma solo se detto dal padrone (io ci ho provato ma sti caxxo di merli non mi davano retta), un cacatua periodicamente erge la sua cresta di piume e fa un baccano incazzatissimo, poi dopo due piroette sul trespolo si riacquieta, mentre un pesce rosso grosso come un pesce siluro nuota pigro in una vasca poco più grande di lui. Il vecchietto arzillissimo e caciarone ride come un pazzo quando vede che io accetto di buon grado di tenere le sue maxicavallette in mano, guardando la faccia inorridita di Maddalena che mi fotografa. Ci mostra le bellissime casette di bambù (ma quelle più preziose, per i campioni, erano di avorio finemente istoriato) in cui gli insetti vengono conservati, i cortiletti recintati in cui ci sono una piccola mangiatoia, un abbeveratoio e persino un'alcova in cui i grilli vengono fatti accoppiare con le grille (?) nel rispetto della loro legittima intimità.

Il secondo giorno abbiamo pagato tributo alla classica gita alla Grande Muraglia, un'opera che definire maestosa e impressionante è ampiamente riduttivo. Come il giorno prima la cosa è resa ancora più interessante dagli aneddoti di cui Gary è prodigo, che ci svelano aspetti curiosi e sicuramente più coinvolgenti della lunghezza totale del manufatto o delle epoche in cui è stato costruito. Ne cito solo un paio, più a mmuragliaia futura memoria (che naturalmente svanira' abbastanza velocemente) che a beneficio degli altri lettori. Il camminamento sopra la muraglia, ad esempio, ha un impiantito che è sempre in leggera pendenza nel senso sud-nord (rispetto all'andamento normale della muraglia che è quello est-ovest). In questo modo tutta la gronda per le acque piovane si trova sul lato nord del muro, e l'acqua scola verso la Mongolia, dove stava il nemico che con le sue orde barbariche di tanto in tanto tentava l'assalto all'Impero. In inverno il freddo e l'acqua di scolo ricoprivano le mura, sul lato nord, di una crosta ghiacciata che rendeva l'impresa di scalare il muro ancora più ardua. Un altro trucchetto adottato dai costruttori della muraglia era quello di fare i gradini del camminamento (tutto in saliscendi e spesso estremamente ripido poichè segue pedissequamente il profilo del suolo montagnoso) tutti di altezza leggermente diversa gli uni dagli altri. Questo disorientava gli eventuali assalitori che, essendo mongoli winkfaticavano ad abituarsi a questa strana caratteristica delle scale, ed inciampavano cadendo. A limitare il dileggio nei confronti degli antichi guerrieri di Gengis Khan devo dire che anche noi abbiamo avuto difficoltà ad abituarci a questa stranezza architettonica, e l'inciampo era frequente...

Di ritorno dalla Grande Muraglia abbiamo visitato un sito nuovo anche per me che ero già stato da quelle parti, e che sicuramente merita: il complesso (almeno, uno dei complessi) di tombe imperiali, in questo caso della dinastia Ming. In questo caso forse ancor di più dei vecchi tumuli e del loro contenuto, è impressionante la cosidetta "Via Sacra", un camminamento alberato in linea retta che conduce al complesso funerario e che è fiancheggiato da due serie di statue di animali veri o fantastici e di guerrieri a grandezza più che naturale.

Un aneddoto interessante che riguarda queste sepolture, e che è comune con gli altri mausolei nascosti che troveremo, ad esempio, a Datong è il seguente. Al contrario Via sacra dei Faraoni, che si facevano costruire piramidi evidenti ma impenetrabili per la loro struttura massiccia (e che quindi impedivano almeno teoricamente la profanazione delle tombe contenute con un approccio che oggi definiremmo brute force) gli imperatori cinesi contavano in scrigni più discreti: i loro imponenti monumenti funerari venivano nascosti costruendo vere e proprie colline dall'aspetto assolutamente naturale sopra i sepolcri, celandoli alla vista. Inoltre pare che tutti gli addetti che avevano partecipato alla costruzione ed all'occultamento del sito tombale venissero uccisi, ad impedire che rimanesse qualcuno in grado di riferire la posizione esatta della tomba imperiale. Così, la maggior parte delle tombe imperiali cinesi conosciute e visitabili hanno storie avventurose sulla loro scoperta, spesso casuale o dovuta a qualche fragilissimo indizio lasciato dai costruttori. Una storia affascinante, che tra l'altro implica che moltissimi monumenti funerari imperiali, magari i più fastosi ed impressionanti, non sono ancora stati scoperti e dormono sottoterra un sonno quieto e indisturbato. Non dimentichiamo che il sito di Xi'an, con l'incredibile esercito di terracotta, è stato scoperto solo nel 1974, ed è attualmente uno dei siti funerari più strabilianti del mondo intero!

teatroAl rientro, una rapida occhiata da lontano al quartiere costruito in occasione dei giochi olimpici del 2008, con il famoso stadio a nido di uccello, e poi la cena in un ristorante che cucina (o almeno dovrebbe) l'anatra arrosto alla pechinese, altrimenti ed impropriamente detta anatra laccata. Ne avevo un ricordo abbastanza mitico dai miei viaggi di lavoro di trenta anni prima, ed è stata, come spesso càpita, una piccola delusione. Non vi racconto per non tediarvi. Buona era buona, ma molto a misura di spettacolo turistico, peccato. E per finire in bellezza, serata al "Red Theater" dove va in onda uno spettacolo dalle coreografie veramente spettacolari (!) che racconta la storia del monastero di Shaolin, il luogo dove è nata la storia/leggenda del Kung fu e, indirettamente, di Bruce Lee e di tutto il monnezza-movie che ne consegue bleh

Il terzo giorno inizia presto (come gli altri, non c'è tempo da perdere!) con una rapida visita da me esplicitamente richiesta alla guida, ad uno di quei posti che ci piacciono moltissimo: un mercato alimentare. Lo chiamano il "Wet market" perchè vi si vende anche pesce rigorosmercatoamente vivo, sia per gli acquari che per la tavola: i cinesi con la freschezza del pesce non scherzano di certo. Insieme alle vasche che contengono i pesci naturalmente c'è tutta una varietà di altri animali (semi)acquatici come rospi, bisce, tartarughe acquatiche dal naso a punta e altre amenità. Il colore, la varietà, la disposizione della frutta, della carne, della verdura e delle granaglie sono un piacere per gli occhi anche se non sempre per il naso. Ed una delle cose che più mi ha colpito è come questa gente, giovani e vecchi, pagano il loro cartoccio di frutta secca o la busta di plastica coi pesci ancora vivi dentro (ma anche di questo parlerò da un'altra parte, solo per gli interessati a quanto la Cina sia lo specchio tecnologico del nostro prossimo futuro).

Segue una visita veloce a due edifici del centro storico: la Torre della campana (o dell'orologio) che ospita una interessante raccolta di antichi orologi: oggetti a clessidra di sabbia o di acqua, a cera e a incenso (sì, avete capito bene, l'incenso bruciando segnava il tempo), e la Torre del Tamburo. Questi due edifici si trovano in tutte le grandi città (almeno dove non sono stati rasi al suolo dalla furia della rivoluzione culturale) ed hanno una storia ed un significato ben preciso. Quando gli orologi non esistevano, il tempo veniva scandito nelle città e nelle campagne dal suono della campana al mattino, e dal suono del tamburo alla sera. Alla torre del tamburo abbiamo anche assistito ad una cerimonia del suono dei tamburi ma, al di là del fatto che gli strumenti sono molto belli e probabilmente se non originali almeno ricostruiti in manscuolaiera fedele, la cerimonia mi è sembrata un po' finta.

Presto, non ci si ferma certo alle due torri: oggi è prevista la visita ad un altro complesso religioso molto interessante: il "Lama Temple", il più grande tempio buddhista tibetano a Pechino. Tra l'altro, come ci aveva predetto il nostro amico Gary, questo è un giorno di festa ed infatti assistiamo ad uno spettacolo insieme a comitive locali in visita al tempio e siamo anche coinvolti in una lezione di scuola buddhista ad una scolaresca bellissima di bimbi che nella loro sgargiante divisa rossonera recitano a ritmo le preghiere leggendo diligentemente sui loro quadernini di bambù. Alcune delle foto più belle del viaggio le abbiamo fatte qui (almeno secondo me). Dopo la visita al tempio non poteva mancare un pranzetto in un vicino ristorante che fa cucina tibetana, e poi la visita ritenuta la più importante: Tiananmen e la Città Proibita!

Ognuno, si sa, è schiavo della propria memoria, e per me piazza Tiananmen (che allora si diceva Tien-an-men, cosi' come Mao Zedong si diceva Mao-Tse-Tung) rimane quella vista nel maggio 1989, meno di un mese prima della repressione feroce della primavera cinese. Era una Pechino molto più povera, quasi tutti indossavano ancora le tristi divise maoiste verde scuro, e non per diletto estetico ma perchè i soldi per comprare vestiti più colorati non c'erano, al contrario di oggi. Ma la piazza era un garrire (perdonatemi il termine che so essere sdolcinato ed affettato, ma rende l'dea) di coloratissimi aquiloni alla brezza primaverile, e l'atmosfera intellettuale che si respirava era più frizzante e leggera ancora della stagione nuova e del sole nuovamente tiepido sul cemento della piazza. Una delle piazze più grandi del mondo, oggi stranamente (e fortunatamente, al contrario di molti altri posti presi d'assalto dalle orde barbariche dei turisti) quasi deserta, per i controlli e le strette normative di accesso. Ma dire che non sia affascinante ancor oggi sarebbe dire una bugia. Il mausoleo di Mao da una parte, uno spazio infinito tutto intorno, aiuole geometricamente perfette, ed il portale d'ingresso alla Città Proibita, con il faccione del Presidente Mao, dall'altra parte. Questo è piazza Tiananmen, la Porta della Pace Celeste.

La cittadella imperiale della capitale cinese è uno di quei luogcittà proibitahi comuni del turismo che forse meno di altri, quando lo vedi, ti sorprende e ti stupisce. Magari Maddalena avrà avuto una impressione diversa, io non ho mai indagato. Certo è che almeno dal punto di vista culturale (non parlo di quello politico-sociale, per cui potremmo raccontare cose totalmente diverse) la storia quasi recente del maoismo ha fatto danni ingentissimi. Nonostante la buona volontà nel ricostruire e nel restaurare, qui, forse più che in altre parti della Cina, si sente una ferita profonda. Si riesce solo ad immaginare quali e quanti tesori potessero essere custoditi in questi luoghi mitici, culla di una delle civiltà culturalmente più grandi che l'umanità abbia avuto. Quel che resta è ancora sicuramente impressionante e magnifico, e vale la pena di essere ammirato. Ma, almeno nel sottoscritto, qui come in altre zone di questa enorme nazione, resta un senso di bellezze perdute e che non potranno mai ritornare, come la biblioteca di Alessandria d'Egitto. Bruciate non dal fuoco, ma da una furia ideologica iconoclasta per cui cultura faceva rima con ricchezza e potere, e non che non avessero qualche ragione, ma a posteriori l'irreparabile delitto commesso non è giustificabile in alcun modo.

Dopo la Città Proibita è inevitabile la visita ai giardini di Jingshan. Anche questa una collina (shan in cinese significa montagna, più in là visiteremo Huangshan, la montagna gialla) artificiale, edificata dagli imperatori per avere un'altura da cui ammirare la cittadella imperiale, con un bel parco pieno di aiuole fiorite. La cura della cosa pubblica (le aiuole spartitraffico negli incroci più trafficati delle più caotiche città sono curate come da noi quelle dei conventi benedettini o gli orti di Villandry) è una delle tante cose di cui avrei voglia di parlare. Ma so che non riuscirò a farlo per mancanza di tempo e pigrizia cronica.

Dopo cena, da veri divoratori della vacanza mai sazi di vedere e provare, in attesa di prendere il treno alle 0street food0:18 che ci porterà a Datong con una interessante esperienza notturna in una cuccetta di un treno cinese, ci rechiamo ad un mercato notturno di quelli che, già lo sappiamo, è abbastanza una trappola per turisti. Ma noi turisti siamo, e quindi ci tocca. Una bella passeggiata in un'ampia via del centro, sede di shopping e di struscio popolare. Dopo qualche concessione allo street food di allettante sgargianza ci tuffiamo in un caos di bancarelle che, tra i gadgets elettronici colorati e musicali, le paillettes di complementi di abbigliamento sciccosi, rutilanti ed improponibili e i giochini elettronici dalle sonorità computerizzate ci accolgono con finte ghiottonerie alimentari degne di Robinson Crusoe: grassi bruchi arrostiti in spiedino di scorpioni, stelle marine assolutamente immasticabili come i poveri cavallucci marini che fanno loro compagnia. Insomma, molto folklore ma un po' triste. Mi sono comprato un piatto di wanton che sembravano palatabili ma ho dovuto buttarli, 'na vera schifezza! Qualche bella foto di stramberie da mostrare ai più ingenui degli amici, ma poco più.

A mezzanotte siamo alla stazione, sul treno per Datong a litigare con l'imponente ed autoritaria controllora perchè un paio di cinesi caciaroni ed alticci hanno occupato il nostro posto cuccetta regolarmente prenotato e pagato. Otteniamo giustizia a gesti ed imprecazioni in linguaggi incompatibili, grazie alla nostra evidente estraneità e qualche grugnito minaccioso. Ci addormentiamo cullati dal treno, un breve sonno, alle 6 già stiamo a Datong. Non era un lungo tragitto, dopotutto, solo 350 Km...

canalePer completezza, nella parte di rescoconto fotografico di Pechino c'è anche l'ultimo giorno trascorso in questa città, di ritorno da Shanghai e prima di prendere il volo per l'Italia. Stanchi, provati dal lungo viaggio e senza guida, abbiamo comunque, grazie anche alla maggiore dimestichezza con gli usi locali acquisita nel corso della vacanza, goduto di quest'ultimo scorcio di Cina e di Pechino. Siamo andati al quartiere degli artisti, un posto molto moderno e stravagante che avremmo potuto visitare, che so, a Berlino o a Copenhaghen, e poi invece un tuffo nella tradizione, sul placido e romantico laghetto Houhai, subito a nord della città proibita, affollato di coppiette sdolcinate e di vecchietti come noi in cerca di tranquilità e di atmosfere rilassate. Un languido pomeriggio a spasso senza pensieri e senza meta, sui canali che costeggiano gli hutong, tra iris e salici piangenti, in attesa della partenza per tornare a casa.

Vai direttamente a: Pechino - Xi'an - Guilin e Yangshuo - Hangzhou e monti Huangshan - Tunxi, Hangcun, Xidi e Nanping - Shanghai

 

Datong e Pingyao - Foto

Dopo la breve notte in cuccetta, con gli occhi ancora sonnacchiosi sbirciamo fuori dai finestrini del treno in arrivo di prima mattina nella città di Datong, una delle tante antiche capitali dell'Impero del Nord, oggi popolosissima città industriale, capitale dell'industria cinese del carbone. Il primo impatto non è esaltante, l'infinita periferia di file di grigi grattacieli segue a breve distanza immagini molto più suggestive di scorci della Grande muraglia che si arrampicano su percorsi impensabili. Anche a posteriori non una delle tappe più belle del viaggio anche se le cose viste naturalmente erano di grande interesse e bellezza (tutto è ryungangelativo). Alla stazione ci accoglie una guida diversa da quella che ci aspettavamo (in realtà eravamo stati già avvertiti via mail del cambio di programma). William è un anziano (circa la mia età) signore in pensione, che si diverte un sacco ad accompagnare stranieri in giro per quei paraggi, e raccontare storie. Gli piace molto parlare inglese (o almeno provarci), è come tutti gli altri molto gentile e premuroso, ma anche lui non è certo il migliore del tour. Il suo difetto, proprio perchè il suo mestiere gli piace, è quello di parlare a raffica a me (che più o meno lo seguo nel suo anglocinese) ma di ignorare Maddalena, che ogni tanto vorrebbe capire qualcosa anche lei. Naturalmente faccio fatica (e questa è colpa solamente mia) a mediare le due esigenze. Incontriamo brevemente in albergo poco più tardi Nancy, la guida con cui avevamo concordato il giro, ma la giovane donna, molto gentile e carina, è già a suo modo una manager, e gestisce i contatti ma poi subappalta il lavoro ad altri stile William. Si mostra molto dispiaciuta per non poter fare lei da guida, dispiacere sulla cui sincerità mi permetto di avere qualche dubbio (un pò in realtà sono dispiaciuto anch'io, che come qualcuno sa sono vittima del fascino femminile orientale) ma meglio così, evitiamo occhiatacce e rimbrotti familiari... closed

Partiamo in macchina con William per visitare un interessante sito archeologico nei paraggi, le grotte Yungang. Il paesaggio è lunare, roccia calcarea bianco-grigiastra strutturata a scoscese falesie. Ricorda le gravine di tufo del Sud, nella murgia barese o materana. Come lì, infatti, la roccia (che in realtà non so bene se calcarea, tufacea o tipo arenaria, non sono un esperto) è comunque abbastanza tenera da potervi non solo scavare grotte, ma addirittura da poter intarsiare statue di notevole grandezza e bellezza "intagliandole" direttamente nella roccia. Il sito è impressionante per ampiezza e complessità, recentemente molto ben attrezzato anche come accoglienza ed accessibilità. E' un antico sito di culto buddhista, ospita scavi e manufatti che datano dal 400 d.c. a nove draghiun paio di secoli fa. Il numero di statue di Buddha è impressionante (si dice oltre 50mila) tutte scavate direttamente nella roccia, alcune enormi, altre più minute, come tessere di un puzzle che ricopre muri, stipiti, soffitti. Alcune delle sale conservano parte degli affreschi con cui erano addobbate (anche qui purtroppo la furia iconoclasta della Rivoluzione Culturale ha fatto danni importanti). Una delle cose più suggestive sono gli antichi edifici lignei appoggiati alle pareti rocciose, che costituiscono la facciata di un edificio in realtà poi scavato nella roccia (e anche in questo la similitudine coi "sassi" materani è evidente, anche se lì la parte esterna è fatta anch'essa di tufo in mattoni, e non di legno).

Nel pomeriggio visitiamo invece diversi luoghi in città: i templi detti "superiore" e "inferiore", il Tempio Huayan, la bella e grande piazza circondata da edifici in stile e lo "schermo dei nove draghi", un muro di ceramica colorata lungo 45 m e alto 8, con figure di draghi che giocano a palla. Interessante da vedere ma non eccezionale. La sera ce la prendiamo in libera uscita per girare a piedi nel centro caotico di questa enorme metropoli, tra mercatini rionali e arterie autostradali cittadine da nove corsie da superare (fortunatamente) con passaggi pedonali aerei da cui si godono begli scorci sulla skyline.

Il giorno dopo, trasferimento verso Pingyao in automobile, con soste in due luoghi, uno dei quali è sicuramente tra i più suggestivi visitati: Il Tempio Sospeso di Heng Shan (il Monte Heng). Il tempio è patria di tre diverse culture religiose (confucianesimo, taoismo e buddhismo) che noi naturalmente siamo difficilmente in grado di distinguere o anche solo di riconoscere come tali piuttosto che come scuole di pensiero filosofico. In questo mi ricorda il monastero di Santa Caterina, nel Sinai, visitato tanti anni fa, anch'esso luogo di fraternità tra tre fedi religiose diverse (questi luoghi sono ahimè molto rari, purtroppo... sigh). Su una parete rocciosa verticale, sfruttando appoggi e appigli aleatori e minHeng Shanuscoli come quelli cui si aggrappa un free-climber esperto, enormi pali di legno fanno da supporto, come una ragnatela o una impalcatura dall'equilibrio apparentemente precario, ad angusti camminamenti, tettucci in stile con le tipiche tegole ceramiche, piccole stanzette dedicate al culto popolate da statue di legno e ciotole ricolme di fiori ed incensi colorati e profumati. Salire su per le strettissime scalette a pioli è un'esperienza emozionante, la fila è ordinata e non passa più di una persona per volta. La struttura totalmente lignea e' decorata con affreschi e impreziosita da intagli. Tutto molto suggestivo, con vedute stupende sia sul monastero stesso sia sulla vallata. Molto bellissimissimo.

Ripartiamo alla volta di Pingyao e passiamo in un altro luogo fascinoso: la pagoda di Yingxian nel tempio Fogong. Anche questa molto suggestiva, pare sia la pagoda interamente lignea più grande di tutta la Cina. E quando dico interamente lignea questo è vero alla lettera. I Cinesi si fanno gran vanto infatti, in questi casi, di non aver usato neanche un chiodo per costruirla, ma solo incastri travature ed appoggi di legno su legno. Una struttura sicuramente imponente e anche bella internamente da visitare. Il viaggio da Datong a Pingyao in macchina, con le deviazioni per i siti visitati, e' piuttosto lungo (quasi 500 km), arriviamo a Pingyao la sera e andiamo a dormire nel nostro carinissimo e piccolissimo hotel in centro città.

Pingyao è una piccola perla del nostro viaggio. Un'antica città fortificata, circondata da mura di pietra e mattoni, e che l'amministrazione cinese recente ha un po' rimesso in pieYing Xiandi a favore del turismo. Una precisazione/inciso importante: quando parlo di turismo parlo di turismo fondamentalmente interno. Nel nostro lungo viaggio siamo stati raramente a contatto con turisti internazionali. Il nuovo corso economico cinese ha dato possibilità a questo popolo curioso, sociale e socievole anche se caciarone, casinista e spesso maleducato (vi ricorda qualcosa? E' proprio così, condividiamo molti pregi e difetti coi cinesi...risata) di aprire i propri orizzonti, conoscere la propria e l'altrui storia e civiltà. Così come al giorno d'oggi le comitive più rumorose e casiniste in Vaticano o al tempio Borobudur o alle isole Lofoten sono quelle cinesi, anche nella madrepatria è la stessa cosa: i luoghi più famosi e meritevoli di visita sono invasi dai turisti... cinesi! Questo è quanto.

Tornando a bomba, Pingyao anche se con un'aria leggermente fasulla dovuta proprio all'enorme sviluppo turistico ed alle conseguenti attrattive di marketing (bancarelle e negozietti di chincaglieria e di prodotti pretesi locali, "autenticità" a volte un po' artefatta) è sicuramente una cittadina piacevole, dove uno può starsene tranquillo anche più di un paio di giorni, andandosene in giro per le stradine rigurgitanti botteghe tipiche, venditori di dolcini e cibo di strada dalle forme, colori ed aromi attraenti (e qui è pure buono, non come al mercato notturno di Pechino...). Tra le cose che mi sono rimaste negli occhi, nel naso e nel cuore sono le acetaie, e qui la cosa meriterebbe un capitolo a parte ma forse provo ad essere stringato e a raccontarlo qui.

La millenaria tradizione culinaria cinese si basa sulla infinita varietà di ingredienti, ma anche su regole generali e ferree. A Nord la pasta di farina di grano e a Sud il riso, ad esempio (a dispetto di quelli che pensano ai cinesi come a mangiatori di riso, quasi inesistente nei luoghi visitati finora) ed ogni popolo ha le sue particolarità e le sue variazioni sui temi culinari. Il Tofu, ad esempio, quello che noi chiamiamo "formaggio di soia" ma naturalmente formaggio non è, viene declinato in mille modi sia come ingrediente base sia come ricette. Può essere fresco, bianco e tenero come una ricotta, un raviggiolo umbro, uno squacquerone lombardo, un po' più solido come un primosale, fino a versioni stagionate e affumicate, o addirittura macerate in intrugli che lo fanno diventare, da ingrediente neutro con un (non)sapore stile fontal del Lidl, lo "stinking tofu" marroncino che è sopportabile ai palati occidentali solo in casi rarissimi ed allenati. Aceto

In questo filone di varianti e declinazioni che si portano dietro oscillazioni anche notevoli di prezzo si colloca la cultura dell'aceto, simile a quella nostra del vino. L'aceto in Cina non è ricavato dal vino, prodotto che fino a poco tempo fa era quasi sconosciuto (ma adesso naturalmente stanno recuperando velocemente, e fanno buoni vini anche lì). L'ingrediente principale è il riso fatto fermentare, ma la preparazione è complessa e gli ingredienti sono molti e spesso segreti. E' componente importante di molte salsette e intingoli, e viene usato puro per intingere ad esempio i fritti o i ravioli al vapore. E' anche apprezzato centellinato da solo, a cucchiaini, come da noi un mirto o un limoncello. Le acetaie (o aceterie?) sono negozi affascinanti, in cui file di orci di ceramica decorata in tipico stile cinese recano etichette per noi illeggibili, coi loro ideogrammi arzigogolati, che indicano la provenienza, la stagionatura, l'annata, il metodo di conservazione dell'aceto in essi contenuto. La gente lo acquista in bottigline che si porta da casa, e l'aceto viene prelevato dagli orci con appositi ramaioli di legno o di metallo, o spillato attraverso appositi rubinettini in fondo agli orci. Per soprammercato, spesso i negozi specializzati hanno, all'ingresso, piccole fontane che riproducono le fattezze delle tipiche cascatelle dei giardini cinesi. Un vaso superiore versa un rivolo di aceto in una vaschetta di pietra, da cui questo rimbalza spumeggiando in una bacinella intermedia e viene alla fine raccolto in una vasca inferiore (da cui una piccola pompa elettrica lo riporta al piano alto, naturalmente). Il tutto molto scenografico, le fontanelle più belle staresti a osservarle un quarto d'ora, col loro profumatissimo aceto che scende a cateraHoteltte.

Il nostro alberghetto a Pingyao vale anch'esso la descrizione. Un B&B economico, carinissimo. Ingresso dal ristorante sulla strada principale del paese, leggermente (qualche centinaio di metri) fuori dal centro. Internamente un edificio basso in cui sono ricavate le stanzette circonda una piccola corte, con piante, panchine e tavolini. La stanzetta è minuscola, arredata molto carinamente ed ha una particolarità: il bagno è ricavato nella stanza con un separé (!!) di vetro trasparente che confina col letto matrimoniale. Insomma, il bagno è separato dal vetro, ma totalmente a vista. La cosa per noi non è usuale e se a me desta pochi problemi Maddalena invece si accerta che ci sia la possibilità di avere un po' di privacy nei momenti topici della giornata. Fortunatamente c'era la possibilità di tirare una tenda, sennò avrei dovuto passare fuori della camera un po' di tempo ogni mattina, senza neanche la scusa di andare a fumare una sigaretta in cortile... cool (Ritroveremo situazioni simili in altri luoghi, ad esempio a Yangshuo).

Il giorno successivo, serie di visite nei dintorni della cittadina, che si rivelano molto particolari e interessanti. La prima al villaggio/castello di Zhangbi, un antichissimo insediamento su un'altura che per tre lati precipita in maniera scoscesa sulla pianura sottostante. Zhangbi è una piccola cittadella fortificata usata per secoli come castello e postazione di difesa/offesa grazie a questa posizione privilegiata. Il terreno su cui sorge è una roccia morbida, probabilmente arenaria anch'essa come il terreno delle grotte dei Buddha viste a Datong, e questo ha permesso ai suoi abitanti, nel tempo, di scaZhangbivare una serie di cunicoli sotterranei, a mò di talpa o di marmotta. Proprio questa è la sensazione che si prova percorrendoli, quella di essere roditori al'interno dell'intrico delle loro tane. Sconsigliata ai claustrofobici ma consigliata a tutti gli altri, una passeggiata sui tre livelli di scavo di questi cunicoli è un'esperienza insolita e a suo modo divertente. Il villaggio sull'altura è molto ben conservato, ed anch'esso vale la pena di essere visitato. Qui, come in altri luoghi, siamo stati richiesti insistentemente da parte di gruppi di giovani turisti locali di fare un selfie, come ricordo di una giornata che aveva riservato loro la doppia meraviglia di cunicoli sotterranei e visitatori alieni gogo

A seguire, visita al villaggio della famiglia Wang. Mammamia, non finirò mai più... il fatto è che tutte le cose sono interessanti e valgono la pena di essere raccontate, e se vi annoiate, peggio per voi, io le scrivo lo stesso. Anche perchè avere un'idea di che cosa è la Cina, e di che cosa ci stia dietro a tutti i negozi cinesi nelle viuzze vicino a dove abitate, ed alla sua prossima conquista in grande stile dell'Africa (culla della nostra specie e della nostra civiltà) penso possa valere la pena. Anche qui, un po' di storia etnologica. L'etnia Han (e non parlo di razza, ma di etnia, termine che al contrario del precedente ha un qualche riscontro scientifico grazie all'antropologia culturale) è la componente maggioritaria del popolo che abita in Cina. Tutti i cinesi sparsi per il mondo al di fuori della Cina sono Han. Al suo interno il suolo cinese accoglie ben 56 diverse etnie, ma l'etnia Han costituisce il 92% del totale. Le altre sono ormai in generale ridotte a simulacri di antiche popolazioni e tradizioni, come gli indiani d'America e le donne dal collo lungo in Birmania/Tailandia. Ciò detto, all'interno dell'etnia Han il cognome più diWangffuso è "Wang". Un po' come "Rossi" da noi, ma molto, moooolto di più.

Uno dei più antichi rami della famiglia Wang ha avuto origine da queste parti, le tracce risalgono al 1300. Localmente è diventata la famiglia più ricca e potente, e la sua casa, quella che da noi sarebbe stata una vecchia piccola casa colonica monofamiliare è diventata una grande vecchia casa colonica monofamiliare, poi un piccolo villaggio, poi un villaggio, poi un piccolo paese, poi un paese fortificato. Un paese abitato solo da una famiglia (immaginatevi che casino!). Padri, madri, figli(e) nipoti, zii, cognati, cuggini, sposi venuti da lontano, domestici, concubine, amanti, incroci di tutti i tipi. In un solo villaggio. Bellissimo, con tanto di fortificazioni, palazzi, ville, strade, giardini. Qui la casa di zio Zhao Wang, lì il cortile di nonna Ho Wang, là la corte dei due pestiferi fratelli Li e Qai Wang... E tutte le case con i loro canoni architettonici, il cortiletto con la fontana coi pesci rossi, il reparto dei domestici, la zona delle donne, la sala degli ospiti, le scalette, i corridoi, i passaggi segreti. Affascinante. E non solo. Inquietante, anche, ma lasciamo perdere. La sera, passeggiata in centro, cenetta al ristorantino (ottimo) del nostro piccolo hotel e poi a nanna (non prima di aver tirato la tenda per un istante di privacy pre-sonnohaha).

Le muraA Pingyao, cittadina che ci aveva già ispirato un senso di tranquillità e di svacco in sede di progettazione della vacanza (anche perchè provenivamo da una serie di giornate molto piene) ci prendiamo un giorno di riposo, senza programma, per andare in giro senza guida, senza meta (o quasi) e senza pensieri. Fino al pomeriggio inoltrato, in cui abbiamo il treno per Xi'an, alle cinque circa (arrivo previsto: le otto di sera). Quindi, tra le molte cose che comunque ci concediamo ci sono una passeggiata sulle bellissime mura con vista dall'alto della città, una visita a qualche tempio buddhista o taoista o confucico (come ho detto a noi questi dettagli non sono chiarissimi) e, cosa che mi ricordo più del resto perchè mi aveva affascinato e interessato, visita alla sede storica della banca Rishengchang. Questa è riconosciuta come la prima banca fondata in Cina. E, per quanto a noi possa sembrare strano (noi che le banche ce le avevamo già nel 500) è stata fondata solo nel 1823. La storia del successo e della successiva sparizione della banca è una storia di soli 150 anni, eppure agli inizi del 900 essa gestiva più della metà delle ricchezze cinesi(!) ed aveva filiali, naturalmente, in ogni angolo della terra. Sic transit gloria mundi... closed

Ripartiamo da Pingyao andando a prendere un treno che in poche ore ci porterà a Xi'an. Nutriamo grandi apettative per l'esercito di terracotta, ma anche un po' di timore per il fatto che la nostra visita sarà domani, domenica del week-end del primo maggio. E sicuramente il posto sarà piuttosto affollato...

Vai direttamente a: Pechino - Datong e Pingyao - Guilin e Yangshuo - Hangzhou e monti Huangshan - Tunxi, Hangcun, Xidi e Nanping - Shanghai

 

Xi'an - Foto

L'impatto con Xi'an è stato istruttivo, anche se credevamo di essere già abbastanza istruiti. Da casa siamo partiti con una documentazione che ritenevamo adeguata per toglierci dall'imbarazzo e dai casini evitando tutti i problemi (almeno quelli prevedibili). Per questo, in ogni città dove avevamo prenotato un albergo, avevamo con noi ben due stampe della conferma della prenotazione. Una in inglese, ad uso nostro, ed una in cinese ad uso locale: in particolare per tassisti, che quasi mai parlano inglese, ma anche per le reception degli alberghi.

Alla stazione non è prevista alcuna accoglienza, anche perchè dobbiamo solo andare in albergo, nulla di più semplice... Prendiamo un taxi ufficiale, ci accertiamo che abbia un tassametro visibile e leggibile per evitare sorprese sul prezzo finale (ma in Cina, a onor del vero, non abbiamo mai avuto brutte sorprese da questo punto di vista), e tiriamo fuori la conferma in cinese che conteneva chiaramente l'indirizzo dell'albergo, concordXi'anando a gesti del capo e delle mani il trasporto fino lì.

All'arrivo il tassista sembra perplesso. Capisco che c'è qualcosa che non va, ma non capisco cosa. A posteriori, l'albergo aveva recentemente cambiato nome, e quindi il tassista vedeva l'indirizzo giusto ma l'albergo sbagliato. Lui tenta sbrigativamente di farci scendere, incassare e ripartire (poi son caxxi nostri), io insisto che lui controlli che quello sia l'albergo giusto. Per sincerarcene, occupiamo militarmente il taxi: dò precise istruzioni a Maddalena di non muoversi dal suo sedile qualsiasi cosa accadariso, sequestro il tassista puntandogli un dito sulle costole pistola e lo conduco con me alla reception dell'albergo, che veda un po' lui di capire cos'è successo. L'impiegata alla reception non spiccica parola in inglese (!) ma si lancia in una fitta ed incomprensibile discussione col tassista. Come ho già detto, quando i cinesi discutono, anche se è un'amichevole chiacchiera sembra sempre che stiano per venire alle mani visti i toni ed i gesti. Se questo non è il nostro albergo, siamo abbastanza fottuti, penso. Poi vedo che le discussioni terminano, la gentile e graziosissima heartsreceptionist mi fa un grande radioso sorriso orientale che scioglie la mia tensione, e accenna un "welcome". Siamo nel posto giusto! Recupero Maddalena che aveva stoicamente tenuto la posizione resistendo alla tentazione di venire a vedere che succedeva, paghiamo il tassista con una mancia per il servizio supplementare offerto suo malgrado, e ci dirigiamo ad occupare la nostra stanza. Ma stasera non tutto va liscio...

Ormai s'è fatto tardino, sistemati in fretta i bagagli decidiamo di cercare un buco dove mangiare qualcosa. Xi'an è una grande metropoli, paragonabile a Pechino, ed è meta di un enorme afflusso turistico dovuto al famomenuso sito dell'esercito imperiale di terracotta. Tra l'altro siamo in centro, in una zona molto viva, illuminata, piena di negozi di lusso, insomma, il posto giusto per trovare uno straccio di ristorante che preveda un menù in inglese. Ma già il fatto che nel nostro albergo, che pure è un ottimo hotel di classe elevata, alla reception nessuno parli una parola di inglese dovrebbe indurmi al sospetto. Sospetto subito confermato dagli occhi persi nel nulla come risposta a qualsiasi nostra richiesta. I menù sono solo in cinese e noi non siamo in grado di interloquire in alcun modo. La soluzione, in questi casi purtroppo non infrequenti, avremmo poi imparato, è quella di dirigersi in uno di quei posti che all'esterno ed all'interno espongono menù almeno graficamente espliciti, ed ordinare indicando fisicamente sul tabellone il piatto desiderato. Ma anche questo, come verrà dimostrato tra poco, non sempre funziona...

Delusi dalla ricerca di un desco acconcio nei dintorni, decidiamo sconfitti di fare quel che ogni buon turista saggio di lungo corso, ma un po' pigro, fa e farà sempre: ci affidiamo al ristorante dell'albergo. Sono ormai le 11 di sera e il ristorante è semideserto. Anche qui, neanche una parola in inglese dai camerieri e naturalmente il menù rigorosamente solo in cinese. Adottiamo la tattica del sordomuto: sbirciando un tavolo vicino, e senza grandi pretese di chissà quali ghiottonerie, adocchiamo uno dei piatti più diffusi e generalmente assolutamente dignitosi di queste parti: spaghetti (noodles). Il piatto è attraente, gli spaghetti nuotano in un sughetto rosso e sono accompagnati da qualcosa di indecifrabile alla vista, ma che potrebbero essere pezzi di tofu o di patate o di carne, a scelta. Il tutto sembra un po' brodoso, ma rimedieremo con un paio di ciotole di mifan (almeno il riso bianco bollito so come si dice, anche se non sempre mi capiscono). Risollevati dalla prospspaghettiettiva di un buon piatto di spaghetti, al suo arrivo restiamo un po' perplessi: gli spaghetti sono quelli che avevamo ordinato, ma visti da vicino paiono un po' meno spaghettosi e sembrano un pochino viscidi. Ne afferro un assaggio con le bacchette; stasera spiacente per Maddalena, niente forchetta: così penso, ma lei ha l'arma segreta e ne tira fuori una dalla borsetta, accuratamente conservata in un tovagliolino di carta. In bocca, si rivelano una sorpresa. Appurato il fatto che non di spaghetti si tratta, chissà che roba abbiamo ordinato. La sorpresa maggiore è per il palato: sono teneri, scivolosi, hanno più la consistenza di una verdura che di una pasta, e sono piccanti. Ma non piccanti come un peperoncino: sembra piuttosto di avere qualcosa di friccicoso in bocca, stile una di quelle caramelle frizzantine che andavano di moda quando ero ragazzo. La sensazione è quasi quella di anestesia della zona, con la lingua e le labbra che sembrano gonfiarsi leggermente e "frizzare" come per un bicchiere di acqua molto gasata. Insomma, dopo il primo impatto decidiamo che comunque si possono mangiare, se accompagnati da una adeguata dose di mifan. Non moriremo per questo, ne siamo certi, ed un po' di eventuale diarrea non è un grosso problema per viaggiatori allenati come noi: ci siamo in parte abituati e comunque siamo adeguatamente attrezzati risata.

Guardando meglio nel piatto, mi accorgo che gli spaghetti sono da un lato appiccicati tra loro (come capitava agli spaghetti di una volta quando non li rimestavi appena buttati in pentola), e dall'altro sono divisi e terminano con una piccola capocchia, come tanti fiammiferi. Arrivo ad una conclusione corroborata nei giorni seguenti da un'attenta osservazione nei mercati alimentari: non sono spaghetti, sono funghi! Immaginate dei chiodini (Armillaria mellea) quando sono ancora belli chiusi e si chiamano così non a caso. Immaginateli bianchi, con gambo lunghissimo, sottile ed un cappello minuscolo, ancora chiuso intorno al gambo. Ecco cosa avevamo nel piatto. Soddisfatto per aver scoperto che cosa avevamo mangiato, mi godo il friccicorino alle labbra e alla lingua, finiamo la birra e andiamo a dormire. Domattina appuntamento con Jeff, la nostra giovane e pimpante guida di Xi'an, e visita al mitico esercito di terracotesercitota!

Adesso, dopo questo popo' di intro sono costretto ad andare di corsa sull'argomento più interessante: le tante bellissime cose da vedere a Xi'an. Assolutamente stupefacente, e motivo primo della visita, graditissima anche per il resto: l'esercito di terracotta. Uno di quei tanti (o forse pochi) miti turistici che credi già di conoscere fin troppo per averli visti millanta volte in TV, sulle riviste, sul Web, sulle foto degli amici ma che quando vedi di persona ti stupiscono e ti prendono il fiato (avrò le stesse sensazioni un paio di anni più tardi alle Cascate del Niagara). Non riassumo che molto brevemente la storia di questo sito, scoperto per caso da un contadino che nel 1974 scavando un pozzo urtò la testa di una di queste grandi figure. Immagino la faccia dei primi che cominciarono a scavare il sito, scoprendo quella che è sicuramente una delle meraviglie del mondo moderno (perchè prima del 1974 non era conosciuta). Il primo stupore è pensare a quanto sono vecchie. Contemporanee delle ultime meraviglie dell'Antico Egitto, queste statue hanno 2200 anni. La tecnica, la minuzia rappresentativa non hanno paragoni con le immagini di quell'epoca, secondo me. Qui non ci sono bellezze idealizzate (come i classici della scultura greca, vedi Bronzi di Riace, solo lievemente anteriori come periodo storico), le statue sono come foto di terracotta di tante persone reali, ognuna coi suoi baffi, con la sua crocchia, col suo naso più o meno grosso o storto, con la sua escavallipressione più o meno fiera. 8000 guerrieri, ognuno con la propria armatura, 18 carri e carrozze, oltre 100 cavalli, anche questi estremamente realistici. Tutto a grandezza naturale. Una cosa fantastica. Il sito dello scavo è stato ricoperto da una struttura rigida che ripara dagli eventi atmosferici ed è tuttora oggetto di ricerca a suon di badile in molte parti. L'annesso museo raccoglie gli esemplari più belli, e vedere con quale minuzia realistica siano realizzate quelle carrozze trainate da cavalli lascia veramente senza fiato. Guardando le statue dei guerrieri protette dalle teche di vetro sembra veramente di vedere le persone reali in esse rappresentate. Nelle foto, osservate la pettinatura stile rasta ante litteram del "guerriero inginocchiato", uno dei piu' belli e meglio conservati... Affascinante, ma ho già usato tutti gli aggettivi e non me ne restano più, perciò passo oltre.

Xi'an è una città enorme, come molte città cinesi. Ospita milioni di persone in quartieri densi di grattacieli moderni, ma al contrario di Datong conserva un po' di fascino dell'antica capitale. Il centro cittadino e' circondato da un quadrilatero perfetto fatto di grandi mura di mattoni ed un canale navigabile. Le mura circondano e rinchiudono tutta la città antica ed i suoi meravigliosi monumenti, tra cui le immancabili (qui grandi e bellissime) Torre della campana e Torre del tamburo. Tra le cose da vedere, due Pagode molto bellpagodae e piuttosto simili per struttura; la più grande delle due è stata restaurata, mentre l'altra sta aspettando il suo turno. Le due pagode fanno riferimento all'anatra selvatica (o selvaggia, insomma, in inglese wild) ed entrambe mantengono, nell'incerta traduzione dal cinese, la stessa ambiguità. Alcuni infatti riferiscono l'aggettivo (grande o piccola) alla Pagoda, altri invece all'anatra selvaggia... think

Le mura sono molto belle, ben ricostruite e completamente percorribili (circa 6 Km) sulla sommità. Ai quattro punti cardinali sorgono le quattro porte del'antica città, sormontate sulle mura da altrettante torri. La prossima volta che vengo da queste parti (nella fantasia c'è sempre una prossima volta, anche se nella realtà probabilmente non verrà mai) voglio prendere una bicicletta e fare tutto il periplo delle mura. Stavolta invece ci accontentiamo di salire a vedere più da vicino la porta Sud con la sua torre, e di fare un giretto sulla sponda dell'ampio canale che scorre a fianco alle mura. Visitiamo la Grande Pagoda dell'Oca Selvaggia, con i piccoli tesori che essa custodisce all'interno, e poi stasera impegno mondano: serata a Teatro!

Come a Pechino, abbiamo prenotato una serata di gala nel grande e lussuoso teatro di Xi'an. Qui c'è anche un extra: la serata prevede una cena pre-spettacolo a base di ravioli, specialità del posto (ed in effetti sono ultrabuoni). La cosa, come a Pechino, è solo per turisti, e qui incontriamo una percentuale di turisti occidentali maggiore del solito. Ci vengono serviti in diverse portate una decina di ravioli l'uno diverso dall'altro sia per pasta dell'involucro che (soprattutto) per ripieno: una vera delizia molto raffinata e gustosa. Un antipastino freteatroddo prima, un bicchiere di birra durante, un dolcino dopo e poi lo spettacolo può iniziare. Dire fosse entusiasmante e' forse troppo, ma era molto ben fatto puntatorenon perdetevi il video!!puntatore con attori/ballerini molto professionali e soprattutto con luci e colori di quelli non facili da dimenticare... Se guardate il video, non perdetevi il pezzo finale: c'è un suonatore di piffero con un respiro circolare da far impallidire i nostri migliori sassofonisti e clarinettisti jazz. E il suo "Bye bye" finale vi sorprenderà gogo

Dopo la nanna, la giornata prevede una levataccia per tutte le cose che abbiamo da fare prima dell'aereo per Guilin, previsto oggi pomeriggio (come vola il tempo!). In mattinata visitiamo il museo dello Shaanxi, la regione in cui si trova Xi'an, che contiene pezzi veramente notevoli dell'arte ceramica cinese antica (insomma, non vasi della dinastia Ming, vecchi di 500-600 anni, ma roba che risale a un paio di migliaia di anni fa). Alcuni pezzi sono veramente spettacolari per accuratezza di esecuzione ed effetto estetico. La seconda parte della mattina la passiamo in uno dei posti più singolari visitati in questo tour: il quartiere musulmano di Xi'an.

Scopro che (anche) in Cina c'è una minoranza musulmana non trascurabile. Minoranza sicuramente più numerosa nelle regioni dell'Ovest che confinano con paesi di lingua e cultura arabo-islamica, ma che qui ha una sua importanza. A Xi'an c'è infatti un grande quartiere islamista, molto popolare anche tra i turisti per la sua peculiarità. C'è da dire a onor del vero che passeggiando in questo quartiere non si respira un'aria musulmana integralista, anzi: l'unico segno percepibile è il velo intorno alla testa indossato da molte donne di tutte le età. Ma non le tuniche nere, i veli funerei, i burqa e tutto il tetro grigiore che accompagna di solito questa religione (sì, lo ammetto pubblicamente, nutro una robusta avversione per tutte le religioni, e per l'islam in particolare). I vestiti ed i sorrisi delle donne sono anche in questo quartiere vivaci, allegri e luminosi. Non c'è traccia dell'integralismo che nasconde i volti e li racchiude in una triste solitudine. Il quartiere è coloratissimo, vivissimo, vociante ed allegro. Ed è sede di uno dei più sensazionali mercati di cibo di strada che abbiamo mai visto (e ne abbiamo visitati tanti, lo giuro, anche perchè sono una nostra passione). Le foto provano a far giustizia di quel che abbiamo visto e, se non bastassero quelle, potete guardare il video che contiene una compilation di performance di street food, così abbiamo detto tre cose in inglese e per un po' può bastare...

In questo quartiere è difficile fare lo slalom tra le bancarelle, le friggitorie, le spaghetterie, le raviolerie senza assaggiare nulla. Come si vede nel video, spesso i manicaretti preparati sono incomprensibili finchè non li si assaggia. A noi capita di veder preparare quella che sembra una crêpe dolce (la gente sceglie prima gli ingredienti da usare, proprio come nelle crêperie) per accorgerci alla fine di aver di fronte invece un gelato! (vedi minuto 6:20 del video). Non possiamo fare a meno di assaggiarlo, ma solo questo perchè Jeff ci ha promesso di portarci in un posto dove si mangiano i migliori ravioli al vapore di Xi'an, e noi gli crediamo. Il ristorante è molto popolare, a vederlo non gli daresti cinque lire: i tavolacci lunghi di metallo senza tovaglia non ispirano proprio. Ma poi cominciano ad arrivare i tipici tegami di bambù che servono per la cottura a vapore dei ravioli, e la storia cambia. Anche se meno ricercati e raffinati di quelli mangiati ieri sera a teatro, questi sono signori ravioli, squisiti intinti nell'aceto di riso che li accompagna come di prammatica. Nel pomeriggio, sulla via per l'aeroporto dove prenderemo il volo per Guilin, c'è un altro luogo da visitare: Il Mausoleo di Han Yan Ling. Anche questo è un luogo dove sono state trovate tombe imperiali corredate di numerosissime statue. E' abbastanza simile come struttura e concetto al grande sito dell'esercito di terracotta, solo che qui le statue non sono a grandezza naturale, ma specie di bambolotti alti una cinquantina di centimetri. Anche le numerosissime figure di terracotta raffiguranti carri, cavalli ed animali domestici sono riprodotte nella stessa scala. Anche qui c'è un museo che mostra i reperti più interessanti e tra questi ce n'è uno molto curioso. Una statuetta che chiaramente rappresenta un africano. Tenuto conto che le statuette datano un paio di migliaia di anni, la cosa è piuttosto singolare, anche visto che ancora oggi la presenza di persone di colore in Cina è un fatto assolutamente inusuale e straordinario (noi non ne abbiamo vista nessuna in tutto il viaggio)...

Vai direttamente a: Pechino - Datong e Pingyao - Xi'an - Hangzhou e monti Huangshan - Tunxi, Hangcun, Xidi e Nanping - Shanghai

 

Guilin (Foto) e Yangshuo (Foto)

Uno dei luoghi che ci tenevo di più a rivedere e a far conoscere a Maddalena era la zona delle montagne carsiche di Guilin. Qui un po' di preambolo è d'obbligo per capire la mia affezione nei confronti di questi posti.

Correva l'anno 1991 e con Maddalena e Roberta cinquenne ci avventuraDisneyworldmmo in un giro negli States a trovare i nostri amici Pieraccini e a fare un po' di turismo. La zona scelta per il turismo era la Florida, anche per la presenza dei grandi parchi a tema tra cui Disneyworld, che volevamo visitare con Roberta. A Disneyworld, tra le altre attrazioni, c'era un cinema a 360 gradi, vale a dire un locale chiuso in cui si è circondati da un unico schermo circolare che corre su tutta la circonferenza del locale. Le riprese sono molto spettacolari e quello che ne risulta è una vista immersiva, come se si fosse a bordo di una nave o di un aereo e si potesse guardare tutto intorno. I filmati proiettati erano naturalmente bellissimi e suggestivi, con viste sui luoghi piu' belli e particolari del mondo. Uno di questi, quello che forse più mi colpì, fu la vista di un paesaggio cinese veramente singolare, con formazioni montuose che non avevo mai visto. Anzi, in realtà le avevo viste, in decine di quadri cinesi che mi capitava di vedere nelle mie visite periodiche in Cina che a quel tempo facevo per un progetto di lavoro di cui forse ho parlato all'inizio di questa storia (o forse no). Mi segnai mentalmente il nome di quel luogo (si parlava di Guilin) e mi ripromisi di andarlo a visitare, prima che il progetto pluriennale con l'Università di Shanghai cui stavo lavorando finisse.

Il progetto volgeva ormai al termine nel 1994, e l'ultimo viaggio di lavoro in Cina era stato previsto per il maggio 1995. In occasione della mia ultima visita mi presi una settimana di ferie, la attaccai al viaggio di lavoro e partii, da solo, zaino in spalla, da Shanghai alla volta di Guilin in treno (fu una discreta avventura, lo ricordo perfettamente). I miei colleghi cinesi, studenti e professori dell'Università Fudan di Shanghai non mi volevano lasciar partire, erano preoccupatissimi che potessi non far ritorno in Italia o perlomeno che avrei passato guai seri, per fortuna non fu così. Visitai Guilin molto rapidamente, ma non mi fermai lì. Seguendo il consiglio della mitica Lonely Planet, dopo un pernottamento a Guilin presi un battello sul fiume Li alla volta di YangshuLonelyo.

La zona era già per quei tempi abbastanza nota e turistica, in particolare i cinesi andavano in vacanza a Guilin, facevano la crociera sul fiume Li Jiang per vedere le famose montagne e poi tornavano a casa. Ma Yangshuo era già meta di diversi turisti occidentali, principalmente giovani tardo-hippie che seguivano le indicazioni di Tony Wheeler & Co. Yangshuo era un villaggio ancora molto povero, ma i segni di un futuro turistico c'erano già tutti. Ricordo (vedi foto che purtroppo è un fermo immagine del filmino che girai all'epoca) un negozio di magliette, che ne aveva alcune con la scritta "In Lonely Planet we Trust", insieme ad alcuni falsi (La cina ne era già allora maestra) di quelle dell'Hard Rock Cafè, che naturalmente a Yangshuo non c'è mai stato. Ne ricordo altre due che avevano molto successo tra i fricchettoni che allora frequentavano quel posto, una recitava "Hard seat cafè" con riferimento alla comodità dei locali pubblici cinesi, un'altra comunicava "I survived China Eastern" (la compagnia aerea interna cinese cool ). Presi alloggio in un hotel (!) di fascia media, e mi trovai, per prendere sonno, a chiacchierare con gli scarafaggi lunghi una decina di cm che salivano e scendevano sullo stipite della portaMoon.

Ma il giorno dopo mi fece dimenticare scarafaggi, difficoltà e incazzature coi cinesi (un popolo per molti versi indisponente perchè molto simili a noi: caciaroni, prepotenti, maleducati). Andai in giro in bicicletta con una "guida" locale: un contadino che per arrotondare (anzi per guadagnare bene) aveva imparato tre parole di simil-inglese e portava in giro i ragazzi occidentali vogliosi di avventura, a vedere quei paesaggi meravigliosi, a scalare la collina della Luna con vista mozzafiato sulle montagne e sulle risaie sottostanti, a visitare una grotta che a ripensarci mi vien la pelle d'oca ed infine preparava loro (e quindi anche a me) un pranzo frugale nella sua capanna in campagna. Io all'epoca avevo 41 anni, non ero più un ragazzo, ma mi adattai ugualmente e con piacere alle difficoltà dell'epoca, e di quella giornata ho ricordi molto vividi e bellissimi.

Le montagne sono rimaste le stesse, affascinanti e mistiche come allora, la campagna è molto cambiata (non ci sono più verdi campi di riso, ma coltivazioni di frutta che rendono di più) e soprattutto il paese è assolutamente irGuilinriconoscibile, è diventato una costruzione per turisti, la via principale (non a caso West street) è una copia in stile cinese moderno delle vie dello struscio di tutte le città più turistiche del mondo. In questo, una piccola delusione.. Ma il fatto di avere un albergo senza scarafaggi, soprattutto in compagnia di Maddalena e a 63 anni di età, è stato sicuramente un valore aggiunto...

OK abbandoniamo i ricordi per tornare a bomba al racconto del nostro viaggio. A Guilin abbiamo dormito per un paio di notti, con un'unica giornata piena dedicata alla visita ai dintorni e alla città. Con la guida Andy siamo andati a vedere le famose risaie a terrazza della contea di Longsheng che circondano il villaggio di Longji. Una serie di luoghi veramente spettacolari, la passeggiata è piuttosto faticosa per il percorso in salita e anche per l'umidità molto alta, ma assolutamente imperdibile (vedi foto). Dopo un pranzetto a Longji a base di una speLongjicialità del posto (pollo cotto nel bambù) nel pomeriggio abbiamo visitato le grotte più famose del luogo, dette le grotte del flauto di Pan. Le spettacolari formazioni montuose che circondano Guilin sono dovute alla natura fortemente calcarea del suolo che, per questa ragione, è ricchissimo di formazioni carsiche come le grotte naturali. Questa essendo praticamente in città è da sempre meta di folle urlanti di cinesi in vacanza. Ci ero già stato anche nel 95, e già allora era molto nota, ed anche allora aveva un sistema di illuminazione interno abbastanza discutibile, basato su luci colorate che snaturano molto l'ambiente naturale. Oggi è diventato un luogo ancora più kitsch, l'intensità delle luci è aumentata di almeno 10 volte, così come la saturazione dei loro colori sgargianti. Se ci tenete a vedere stalattiti e stalagmiti color evidenziatore, ed uno spettacolo di luci e proiezioni in uno scenario naturale che in origine è piuttosto suggestivo, è un posto da vedere. E comunque, se passPagodeate da queste parti sarà difficile che non vi lasciate attrarre... In Europa uno scempio del genere non sarebbe sicuramente tollerato, e (forse) neanche in America, una delle patrie mondiali del kitsch wink.

A sera siamo andati a passeggio per la città, a vedere le due belle pagode nel laghetto Shan e poi, lì vicino, appuntamento immancabile con la folla che assiste ad un altro spettacolo piuttosto kitsch ma divertente: alle 9 in punto la facciata dell'Hotel Waterfall (nomen omen) si trasforma in una spettacolare cascata artificiale, per la gioia di tutte le fotocamere, tutti gli smartphone e tutti i tablet della folla a naso all'insù.

L'indomani partenza per la crociera sul fiume Li alla volta di Yangshuo, dove ci fermeremo per un paio di giorni, senza guida, come quando ci andai ormai 24 anni fa...

La crociera sul fiume Li è un'esperienza emozionante. Il fiume si snoda tranquillo nella campagna cinese, immerso nello spettacolo maestoso delle verdi colline calcaree che caratterizzano questa zona. Il viaggio dura quasi cinque ore, ma il tempo vola via veloce tra le rive ora orlate di lussureggianti selve di bambù, ora scoscese, con le pareti biancastre che si innalzano verticali dall'acqua, scavate alla base dall'erosione in grotte, crepacci ed anfratti. Le quinte che si aprono alla vista una dopo l'altra sono impressionanti, le montagne hanno forme incredibili, sembrano disegnate da un pittore della dinastia Ming, costruite apposta per piazzarci sopra monasteri buddhisti ripieni di monaci Shaolin. Questi paesaggi fantastici non sono solo ispirazione per le pitture cinesi che si ritrovano in tutti i quadri, i vasi, le stampe e i tessuti, ma sono anche usati come simbolo della Cina nella banconota da 20 Yuan, dove c'è proprio la raffigurazione di una vista particolare che si gode in un punto della crociera. Quando si avvicina il punto fatidico l'altoparlante lo annuncia, e allora centinaia di cinesini si mettono lì e scattano la foto con la banconota in mano e il paesaggio dietro le crocieraspalle.

Bello, come allora. Maddalena è affascinata, ma a me non può non salire in gola un groppo di nostalgia, difficile da mandar giù. Cerco invano le grandi mandrie di bufali che pascolano sulla riva o ruminano placidi immersi nell'acqua fino alla testa, ma non li vedo. E dove sono i pescatori coi cormorani, e le massaie che lavano i panni sbattendoli sulle pietre? Non c'è più traccia dei raccoglitori di alghe con grandi cumuli verdi sulle zattere di bambù dalle punte incurvate, dei bimbi scalzi dei villaggi sulla riva che inseguono il battello ridendo e salutando, dei riti sull'acqua che avevo visto solo vent'anni prima. Allora erano partiti da Guilin alla volta di Yangshuo due battelli scalcinati, oggi i battelli all'imbarcadero sono numerati, noi abbiamo il N.8 ma la carovana che si snoda sul fiume è composta da almeno (tanti ne ho contati, ma non so se fossero tutti) 12 battelli supermoderni, con una capienza che ho stimato intorno a 120 posti ciascuno. E' il bello del benessere, naturalmente, e dell'economia di mercato. Nel 95 avevo con me una telecamera, le riprese sono molto ballerine (non c'erano stabilizzatori software, allora) e fanno venire mal di testa, ma per fare un po' di confronto, e per vedere realmente come il fiume e la città siano cambiate in vent'anni ho messo insieme un filmatino della serie "trova le differenze", che invito a guardare a corollario e verifica di quanto ho scritto finora...

Sul battello abbiamo "pittato" all'offerta scontata di un tour in un parco vicino Guilin, ed abbiamo acquistato il biglietto per l'ingresso a Shangri La (questo il nome del posto), che abbiamo visitato nel pomeriggio. Il parco Shangri La sorge sulle rive di un laghetto molto suggestivo, ti fanno fare un giretto in barca e poi assistere allo spettacolo piuttosto triste di danze di minoranze etniche che in Cina sono viste dalla popolazione Han come estranee e strane. Ricordo che l'etnia Han costituisce oltre il 90% della popolazione cinese e (udite udite) oltre il 20% della popolazione mondiale... Il parco Shangri La, se passate da questa parti, lo potete saltare, eviterete il mal di pancia di vedere capanne con persone in costume tradizionale, fintamente intente a mestieri tradizionali, mostrate come curiosità alla folla di turisti (quasi tutti locali) che visitano questi luspetacolooghi.

L'esperienza non esaltante della visita al parco viene ampiamente ripagata da un'altra scelta che abbiamo fatto in loco: Maddalena sapeva (dagli studi preparatori alla gita wink) di uno spettacolo per cui non avevamo però prenotato. L'albergatore ci ha confermato che ne valeva la pena, perciò abbiamo deciso di andarci. Lo spettacolo veniva presentato come imponente, con un cast di centinaia di performers, e prometteva mirabilie. Le promesse, per una volta, sono state rispettate. Tutto, a partire dallo scenario incredibile che circonda il "palcoscenico" (che in realtà non esiste, il palcoscenico è un'ansa del fiume Li e le sue sponde) è grandioso. Barattolone di popcorn in mano, aspettiamo pazientemente seduti sulla gradinata di un grande anfiteatro che cali il crepuscolo e poi la sera: lo spettacolo inizia col buio. I cinesi sono veramente maestri in questo tipo di arte, le scenografie imponenti, coloratissime, gli ensemble di attori/danzatori costituiti da centinaia di persone che si muovono all'unisono, gli spettacoli di luci che esplodono come fuochi d'artificio. Una serata veramente bellissima, esaltante. Nel buio, dal lago sorgevano come per magia serpenti di luce, decine di barche e di reti si muovevano all'unisono, l'enorme palcoscenico naturale sembrava a tratti prender vita e danzare come se il fiume e le sue sponde fossero diventati mobili, plasmati dalle luci e dai movimenti dei danzatori. Ho provato a mettere insieme le riprese migliori fatte quella sera in un filmatino che naturalmente non rende affatto la bellezza ammirata e l'emozione provata. Per noi è un buon modo di ricordare, a chi lo guarda senza esserci stato non può che dare una lontana idea di che cosa sia essere lì.

Il giorno successivo, relax. La mattina ho lasciato Maddalena in albergo perchè non si sentiva bene, e me ne sono andato a scalare una di quelle collinette carsiche che sorge proprio nel mezzo del paese. La salita non è stata agevole anche perchè aveva piovuto ed il sentiero era ripidissimo e molto scivoloso. Ma dalla cima lo spettacolo delle montagne che circondano Yangshuo è impagabile. Il pomeriggio visto che Maddalena si era ripresa bene abbiamo noleggiato due bici e siamo andbiciati a fare un giro nelle campagne dei dintorni, fin sotto la collina della luna, un suggestivo arco naturale che però non abbiamo scalato come avevo fatto vent'anni prima, accontentandoci di qualche selfie souvenir. Yangshuo nonostante l'affollamento di turisti locali (che, come testimoniato dalle foto, vengono qui anche per sposarsi) ed il centro caotico resta un paese piacevole dove è possibile rilassarsi e godere di passeggiate a piedi o in bicicletta. Abbiamo perciò trascorso piacevolmente ancora la serata tuffandoci nella West Street del casino turistico, e la mattina dopo siamo ripartiti per Guilin, dove avevamo l'aereo nel tardo pomeriggio per la nostra prossima meta, Hangzhou e il suo lago dell'Ovest.

A Guilin, con oltre mezza giornata a disposizione non potevamo certo rimanere inattivi, ed infatti, prima di recuperare il bagaglio grosso che avevamo lasciato in deposito in albergo durante la puntata a Yangshuo, siamo andati a fare un lungo giro in città, a visitare la collina dell'elefante (così detta perchè un arco naturale la fa sembrare un elefante con la proboscide nel fiume) e poi la collina Fubo, dalla cui vetta si gode un meraviglioso panorama sulle montagne circostanti. Una giornata alla fine faticosa, che si è conclusa con un volo aereo serale ed un arrivo notturno ad Hangzhou, ancora una volta con qualche problema di reperimento del B&B che avevamo prenotato.

Vai direttamente a: Pechino - Datong e Pingyao - Xi'an - Guilin e Yangshuo - Tunxi, Hangcun, Xidi e Nanping - Shanghai

 

Hangzhou (Foto) e Monti Huangshan (Foto)

Un arrivo un po' complicato anche ad Hangzhou, dove il B&B che avevamo prenotato era piuttosto fuorimano, ed irraggiungibile in auto. Forti dell'esperienza di Xi'an, comunque, anche stavolta non abbiamo mollato il taxi finchè non siamo stati sicuri di aver raggiunto la meta, cui si accedeva per un breve tratto di sentiero in salita. Il B&B si chiama Banian Art House, ed all'interno è molto grazioso, gestito da un signore eclettico che si produce in opere artistiche non deprimenti ma anzi piuttosto piacevoli. Peccato non abbiamo fatto foto, a posteriori ricordo che non era male. La sistemazione era piacevole, un alloggio con quattro camere in affitto, di cui una sola occupata da una coppia australiana che il giorno dopo, in giardininfeeno, ci avrebbe insegnato il trucco dell'App traduttrice, peccato non averli incontrati prima... confused

Hangzhou è una cittadina molto tranquilla, su un lago molto tranquillo, meta di un turismo molto tranquillo di innumerevoli cinesi vocianti che rendono la cittadina meno tranquilla di quello che sarebbe di suo. Un po' una Stresa o Sirmione d'Oriente, fatte le debite proporzioni (il lago è molto più piccino, la città molto più grande). Il lago si chiama Lago Occidentale o dell'Ovest (le traduzioni dal cinese come in altri casi non possono che essere sommarie), è un placido specchio d'acqua immerso in una natura idilliaca e in paesaggi resi molto oleografici da templi buddhisti e taoisti, con le loro pagode e i loro incensi, e parchi tenuti "alla cinese", vale a dire in maniera impeccabile, con aiuole fiorite tutto l'anno che farebbero scomparire al paragone qualsiasi giardino pubblico italiano. La superficie liscia e scura del lago è allietata da ampie macchie di ninfee, con i loro fiorellini giallo oro e le foglie verde smeraldo. Un posto ideale per riposarsi in tranquillità prima di affrontare le montagne dello Huangshan, che si preannunciano se non impresa ardua, almeno un po' più fatiAiuolecosa.

Però come sempre c'è un però, ed in questo caso è il fatto che siamo capitati lì di domenica, e la cittadina, già traboccante di turisti ogni giorno, in quella occasione ne straripava proprio e, come forse ho già avuto modo di menzionare altrove, le orde cinesi in gita turistica non hanno molto da invidiare alle orde mongole che un tempo minacciavano il celeste impero premendo sulla Grande Muraglia. Tant'è, abbiamo fatto di necessità virtù, prendendo il lato buono della cosa. I cinesi la domenica infatti, sebbene più numerosi, sono più sopportabili degli altri giorni. Sentono molto l'aria di festa, e in questo caso il lago brulicava di barche e barchette ripiene di teneri fidanzatini dai sognanti occhi a mandorla, e le rive pullulavano di tavoli e tavolini imbanditi autonomamente o da ristorantini rivieraschi, e le famigliole attorniavano tavole rotonde imbandite di ogni bendidìo. Senza parlare naturalmente delle danze collettive, con le madamine cinesi vestite a festa in colori sgargianti ed i loro serissimi accompagnatori agghindati alla bell'e meglio.

Noi abbiamo preso un paio di biciclette al nostro B&B, e dopo una lauta colazione siamo partiti per pedalare il periplo del lago che è in realtà più un grande stagno che un piccolo lago. Una giornata tranquilla, abbiamo visto bei paesaggi, visitato un paio di templi, dato da mangiare ai pesci brulicanti che in alcune zone tingono di rosso e oro l'acqua del lago, pedalato nel verde dei parchi e siamo tornati a dormire, in attesa della partenza per Huangshan e le sue famose montagne, da cui ci aspettavamo molto.

E infatti la mattina dopo, di buonora, abbiamo preso il treno e siamo partiti alla volta di Huangshan. Huangshan (che vuol dire "la Montagna Gialla") oggi è una cittadina nella provincia montagnosa dell'Anhui. La città veramente si chiama Tunxi, ma il suo nome è stato affiancato da quello delle montagne che sono lì vicine, così i tuMontagneristi che vogliono visitare la Montagna Gialla sanno dove andare smiley. Quando visitai Guilin 25 anni fa avevo comprato la famosa guida Lonely Planet, che naturalmente avevo sfogliato con piacere anche per conoscere altri posti oltre quelli che intendevo visitare. Ricordo che le foto delle montagne granitiche dell'Anhui mi avevano affascinato, ed in quella occasione mi ero riproposto di andarle a vedere, una volta o l'altra. 25 anni non sono pochi, ma quando è capitata l'occasione, con questo viaggio, non ce la siamo lasciata scappare, ed abbiamo incluso i monti Huangshan nell'itinerario.

I monti Huangshan sono caratteristici per diversi motivi: la roccia granitica è intagliata in forme suggestive e forma massi, guglie e pinnacoli che a volte sembrano in equilibrio precario sulla vetta di picchi ripidi e frastagliati, creando paesaggi e panorami molto suggestivi. La bellezza delle rocce è poi completata dalla presenza dei tipici pini dalle forme austere e contorte (mi hanno ricordato i pini loricati del Monte Pollino) che colonizzano queste pareti a volte verticali, anch'essi impegnati in affascinanti esercizi di equilibrismo come i blocchi granitici in bilico sulle rocce scoscese. Per i pochi malati di botanofilia citerò il fatto che i pini in questione (Pinus Hwashangensis) sono un endemismo di questi luoghi, ad aumentarne, almeno per il sottoscritto, l'attrattiva. Se ci mettete anche un po' di atmosfera, con i picchi che emergono con il loro capelli arborei dalle nebbie del fondovalle, magari poco prima dell'alba o al tramPinionto, capirete che la scena è completa e il fascino assicurato.

Arrivati a Huangshan città abbiamo avuto agio di fare una breve prima visita. Noi avevamo un alberghetto in pieno centro storico, tra le viuzze della città vecchia, molto suggestivo. Ma per ragioni di narrazione questa breve prima visita la racconterò nel capitolo successivo, qui parliamo invece del giro nelle montagne, che abbiamo intrapreso il giorno successivo, partendo la mattina presto in macchina con la nostra guida locale Hsu. A Huangshan abbiamo lasciato il grosso del bagaglio, partendo con solo due zaini perchè avremmo dormito per una notte al Beihei (o Beihai) Hotel, in alto sulla montagna, al fresco freddo.

Di buon mattino partiamo infatti con Hsu al volante, alla volta della stazione della funivia che sale sulla montagna e arriva nei pressi dell'albergo Beihei. Il mattino è caliginoso, l'aria sembra gonfia di pioggia in procinto di cadere. Addentrandoci nella valle che corre a nord di Tunxi Hsu ci mostra alcuni esempi di architettura locale, tra cui bellissimi ponti coperti che venivano usati un tempo come mercati o magazzini. La strada si snoda tra piantagioni di tè e paesaggi verdi e ameni, ma la caligine si trasforma prima in pioviscola, poi aumenta di intensità e quando arriviamo alla stazione di partenza della funivia la pioviggine è diventata insistente. Nella funivia la nostra simpaticissima guida Hsu ci ragguaglia sul programma della giornata, ci dice che forse visto il tempo sarà meglio rinunciare al giretto pomeridiano previsto, sperando in un miglioramento per il giorno successivo, ma noi non siamo molto dell'idea.

Arrivati al Beihai prendiamo possesso della nostra camera, che in realtà è una capanna di legno esterna all'edificio princcenettaipale dell'hotel. La camera è confortevole, fornita di accessori per freddo e pioggia (giacche a vento e ombrelli di cortesia, coperte a volontà, necessaire per prepararsi un tè caldo, cosa di cui subito approfittiamo). La pioggerellina è insistente ma non sembra voglia peggiorare, perciò ci armiamo di ombrelli e coraggio, e andiamo a fare un giro per queste famose montagne. Il giretto di assaggio è di grande soddisfazione, pian piano ci abituiamo all'atmosfera magica data dalla nebbia delle nuvole in cui ci muoviamo, che rende l'atmosfera ovattata e fiabesca. Della pioggerellina faremmo volentieri a meno, ma in fondo anche quella ci sta, e ci suscita qualche brivido ma anche il pensiero della nostra casetta di legno col tè caldo, e della cenetta che immaginiamo (da una sbirciatina veloce all'Hotel) ottima e abbondante.

Ammiriamo, cosa che l'indomani faremo più compiutamente, la perfezione dei sentieri, che sono in realtà (per i nostri canoni, che pensando a un "sentiero di montagna" pensiamo a quelli alpini) delle vere e proprie autostrade di cemento. La cosa ha i suoi contro per quanto riguarda il fascino della natura intatta, ma in questo caso ne apprezziamo il pro, che è lo scongiurare pericolose scivolate, anche vista la pendenza di alcuni tratti veramente ripidi. Un altro vantaggio che ci godiamo grazie al tempo inclemente è la quasi solitudine: i turisti cinesi si sono rintanati al calduccio nelle loro camere, e noi possiamo goderci la passeggiata senza dover scansare le solite torme di cappellini gialli e bandierine rosse, e senza il continuo vociare chiassoso e il ticchettio simulato dagli otturatori degli smartphone. La nostra guida ci accompagna discreta in questo giro nella nebbia e nel silenzio. Il giorno dopo, con il bel tempo, facendoci largo tra la folla, un po' rimpiangeremo la nebbia e la pioggerellina. La sera, una bella cena all'asciutto ci rinfranca, ed una volta nella nostra casetta di legno aggiungiamo una coperta per ciascuno, e andiamo a letto presto sperando che domani il tempo migliori, come tutti ci hanno profetizzatalbao.

Il mattino dopo, come da programma, ci si alza prestissimo e prima di colazione, indossate le giacche a vento cortesemente fornite dal Beihai si parte nel chiarore premattutino verso la terrazza dell'est, dove ci attende il tanto decantato spettacolo dell'alba sulle montagne. Non siamo sfortunati, in effetti non piove più, ma neanche fortunati, perchè il cielo è nuvolo e le nuvole sono alte. L'esatto contrario di quel che tutti si aspettano, ma pochi riescono ad avere: vale a dire cielo sereno e nubi basse, in modo da vedere emergere i picchi granitici dal "mare di nuvole" nella pianura. Non importa, pian piano qualche squarcio di sereno appare, e lo spettacolo dell'alba, in quella situazione, è comunque affascinante, ce lo godiamo e lo immortaliamo con un numero esagerato di fotografie. Poi, di corsa a far colazione, sperando che la tendenza del tempo al miglioramento mantenga le buone promesse per la giornata. Dopo colazione, tempo per le foto di gruppo sul belvedere fuori l'albergo. I cinesini si affollano sulle balaustre prospicienti lo scenario montuoso, e la foresta di selfie sticks si innalza sopra le nostre test. Lo spettacolo, comunque, indubbiamente merita.

Poco dopo partiamo per la passeggiata sulle montagne. Si cammina sul sentiero ampio ed agevole, e meno male visto che in una giornata normale, come questa, le folle vocianti ed indisciplinate dei turisti locali su qualsiasi sentiero alpino farebbero stragi sia al loro interno che tra gli estranei. In molti punti si cammina su vere e proprie mensole di cemento, costruite a sbalzo sulle pareti rocciose verticali. Le viste sulle montauccellinogne sono magnifiche, gli strapiombi vertiginosi, i pinnacoli, le pareti adorne dei pini contorti e maestosi sono degne della loro fama. Sorvolare sull'affollamento e sul piccolo scempio delle imponenti opere viarie fatte per sua causa diventa facile di fronte a questi spettacoli, che nessuna foto riesce a rendere in maniera adeguata. Un po' come di fronte alle montagne carsiche di Yangshuo si ha l'impressione di essere in un luogo irreale, inventato da qualche artista che ha prima dipinto le montagne e poi le ha realizzate ricostruendo il parto della propria fantasia.

La passeggiata ci regala non solo la vista delle montagne, ma anche l'incontro con qualche fiore e dei bellissimi uccellini che si lasciano fotografare di buon grado. Quando torniamo verso l'hotel a riprendere il nostro piccolo bagaglio per dirigerci verso la funivia abbiamo l'impressione che la passeggiata sia durata troppo poco; in effetti se confrontata con quello che siamo abituati a fare sulle nostre montagne la cosa è stata facile e poco faticosa. Il viaggio in funivia in discesa ci regala ancora qualche scorcio notevole, una gradita sorpresa visto che il giorno prima eravamo saliti in mezzo alla nebbia. Torniamo a Huangshan città, contenti di aver inserito queste montagne nel nostro itinerario. Il bilancio della nostra gita in Cina, che ormai è quasi agli sgoccioli, si arricchisce di un'altra esperienza molto positivathumbup.

Vai direttamente a: Pechino - Datong e Pingyao - Xi'an - Guilin e Yangshuo - Hangzhou e monti Huangshan - Shanghai

Tunxi, Hongcun (Foto), Xidi e Nanping (Foto)

Lo so, sia nel racconto che nelle foto si fa un po' di confusione tra Huangshan e Tunxi. La questione è che la città di base per andare sulla montagna gialla (Huangshan) si chiama(va) in realtà Tunxi, ed il nome Huangshan gli è stato aggiunto solo in quanto meta di partenza per la montagna omonima. A dar retta a Googlemaps, Huangshan è un quartiere di Tunxi, ma in Cina la toponomastica è comunque molto aleatoria, e quindi la cosa non ha grande importanza. Fattosiè che siamo stati a Huangshan-Tunxi, alloggiati in un B&B molto suggestivo in pieno centro storico, nel dedalo di viuzze tutte uguali (tant'è che abbiamo dovuto fotografare il nome deIntingolilla nostra per non perderci cool). A Tunxi abbiamo perciò fatto base per i nostri giri sia sulla montagna gialla (descritta nel capitolo precedente) sia nei paesi rurali dei dintorni, descritti qui.

Tunxi è una cittadina piuttosto grande, cresciuta soprattutto per il turismo richiamato dalla vicinanza con la montagna gialla. Il suo centro storico ricorda quello di altre cittadine simili che abbiamo visitato (ad esempio la bellissima Pingyao), è tutta zona pedonale e sulle viuzze si affacciano decine di negozi e alberghetti. La cittadina ha una sua fama per i prodotti da calligrafia, e ci sono negozi bellissimi che vendono esclusivamente piastre da inchiostro e pennelli per calligrafia. Non so se ho già parlato di quest'arte più sopra, forse vi ho fatto solo un accenno, e con il rischio di ripetermi dirò solo due parole, risparmiandone una rispetto alla canzone.

La scrittura cinese (e quella tradizionale giapponese, che in pratica è la stessa) non ha grande fascino solo per noi occidentali ignoranti che vediamo in quei ghirigori il mistero di poesie e prose che non riusciremo mai a decifrare. Per i cinesi stessi la scrittura è una vera forma di espressione artistica, ed i singoli ideogrammi si prestano ad essere tracciati con particolare abilità pittorica, trasformandosi in vere e proprie opercalligrafiee d'arte. Naturalmente l'origine pittografica dei singoli ideogrammi aiuta molto la trasposizione "parola-quadro". Per noi una bella calligrafia (brutta espressione che in realtà significa "una bella bella scrittura") non trasforma le singole lettere in piccoli quadri. Perchè una casa ha bisogno di quattro lettere, come un uomo, per essere scritta, e le singole lettere non hanno niente a che vedere con i concetti di uomo e di casa. Non c'è modo perciò di scrivere "uomo" in modo da raffigurare in qualche modo il concetto insito nella parola. Nel cinese scritto (o dipinto) invece "uomo" è un singolo ideogramma, ed il tracciarlo in maniera tale che sia riconoscibile come parola scritta, ma rappresenti "anche" il concetto che vuole esprimere è una piccola forma d'arte. Vabbè, io ci ho provato. Comunque la calligrafia cinese sta proprio a metà tra la pittura e la scrittura. Della prima conserva il richiamo (molto astratto e lontano, in verità) delle forme ai concetti, dalla seconda mutua la necessaria concisione ed essenzialità, non abbisognando per esempio di colori. Perciò per esprimersi con la calligrafia cinese sono necessari e sufficienti tre ingredienti: Un pennello, un calamaio ed un inchiostro. Mentre il primo ed il terzo ingrediente sono simili a quelli che conosciamo, il calamaio è esso stesso un oggetto di artigianato che può essere anche molto pregiato. E' in realtà una piastra in pietra scura (solitamente ardesia) modellata in maniera tale da poter intingere il pennello con diversi gradi di intensità. Per mettere fine a questo piccolo sproloquio non mi resta che mostrarvi una esposizione di calamai e di pennelli in vendita nei negozietti di Tunxi. L'interno di queste "cartolerie" locali esercita sul sottoscritto un fascino ipnotico, e Maddalena dopagodaveva tirarmi via a forza... smile

Oltre ai negozi di prodotti per calligrafia Tunxi deve essere rinomata per specialità alimentari conservate, tipo salsette, intingoli, conserve, vista la quantità di esercizi commerciali che le propongono affacciando tavolini imbanditi di piatti multicolori, a disposizione per l'assaggio dei passanti che possono giudicare direttamente la bontà del prodotto prima di acquistarne un vasetto. Naturalmente abbondano anche i negozietti di chincaglieria cinese varia, a volte finto-antica (di veramente antico in Cina non è possibile comprare nulla, già quando andavo 30 anni fa tutte le cineserie in vendita erano in realtà imitazioni invecchiate artificialmente), più spesso vecchia di una cinquantina-settantina di anni, cosette comunque che esercitano un certo fascino.

La città è attraversata da un fiume, ed è bello la sera passeggiare sulle rive e attraversarne i ponti che dividono la parte vecchia da quella più moderna. Anche questa comunque è stata costruita con un occhio all'estetica fluviale, con piccoli canali che la attraversano, leziosi ponticelli e tante aiuole sulle sponde. InsoHongcunmma, anche questo un luogo piacevole da visitare.

Nei dintorni di Tunxi ci sono villaggi più piccoli ma più tipici, meta anch'essi di turismo da parte di locali e stranieri, in cui sono state preservate reliquie culturali, architettoniche e artigianali provenienti da un passato non recente, di gran lunga anteriore alla rivoluzione maoista. Di ritorno dalla montagna gialla verso Tunxi abbiamo visitato Hongcun, uno di questi paesi, dichiarato patrimonio dell'umanità UNESCO insieme al vicino villaggio di Xidi che avremmo visitato il giorno successivo. Hongcun è una piccola perla, un agglomerato di case che si sviluppa intorno ad un centro che, invece di essere una piazza, è un laghetto grande poco più di una piscina. Le case sono tutte molto vecchie, il villaggio è circondato dall'acqua (un fiume e vari canali) ed è molto pittoresco, nel senso letterale del termine. Qui infatti vengono studenti di scuole di pittura da città anche lontane, per esercitarsi insieme a loro colleghi a ritrarre gli scorci tipici di questo gioiellino di incontro tra natura e civiltà.

All'arrivo a Hongcun abbiamo avuto anche una sorpresa: le piogge dei giornIntaglii precedenti avevano fatto esondare il fiume che lambisce il paese, allagando la pianura e creando un paesaggio singolare, con gli alti alberi che sembravano andati a fare un bagno in piscina. Arrivati in paese abbiamo pranzato con la nostra guida ed il guidatore dell'auto che avevamo ingaggiato in un piccolo ristorante locale che, sul bancone del Bar, aveva una serie di contenitori di grappe artigianali aromatizzate con ingredienti vari. Un po' per gioco, un po' per sfida personale, un po' per banale idiozia ho assaggiato un bicchierino di quella con l'ingrediente più singolare (indovinate quale). Non era granchè, devo dire puke, quelle alla frutta erano sicuramente migliori... In compenso quel giorno abbiamo fatto uno dei pranzi migliori di tutta la gita. I nostri ospiti (la guida Hsu e il guidatore) si sono sbizzarriti ed hanno ordinato una varietà di piatti molto particolari che si sono rivelati tutti ottimi (e che noi, per ignoranza, non avremmo mHongcunai potuto ordinare anche perchè qui il menù inglese devono ancora inventarlo smile).

In giro per il paese abbiamo visitato alcune abitazioni antiche, tipiche di questa zona, con cortili interni che servivano sia per dare luce che per raccogliere l'acqua piovana raccolta dai tetti spioventi. Alcune delle case più signorili, di legno e mattoni, conservano gioiellini di artigianato del legno: intarsi e bassorilievi intagliati su travi e persiane traforate, piccoli capolavori che i locali sono riusciti a preservare dalla distruzione della furia iconoclasta della Rivoluzione Culturale.

Dopo il pernottamento a Hongcun il giorno dopo abbiamo proseguito la strada di ritorno verso Tunxi, dove avremmo preso l'aereo per l'ultima meta della nostra vacanza: Shanghai. Lungo il percorso ci siamo fermati a visitare altri due villaggi caratteristici e preziosi per il loro contenuto artistico e culturale: Xidi e Nanping.

Anche Xidi sorge sulle rive di un fiume, e l'ingresso in paese è segnato da un oleografico quadretto con un portale dalla sommità in stile pagoda su un laghetto pieno di ninfee, con una tradizionale barca da matrimoni (in Cina il colore del matrimonio è il rosso e non il bianco: se la caxidista religione cattolica predilige il niveo candore dell'algida purezza/verginità, il pensiero orientale è maggiormente rivolto al colore della passione e del sangue). Il paesino è, come Hongcun e come Nanping, il prossimo che visiteremo, luogo di conservazione delle poche vestigia della società rurale pre-maoista, con esempi pregevoli di architettura ben conservata e con la custodia di ambienti e suppellettili del tempo passato.

E' piacevole visitare queste antiche abitazioni nel cui interno, sulle travi riparate dal tetto, nidificano ancora le rondini, e scoprire oggetti dal sapore antico di inverni gelati, dall'odore di legna sul fuoco, come questa ingegnosa seggiolina da bebè in legno, con le sponde rialzate per poter porre un piccolo braciere sul fondo, proteggendo i piedini dell'infante con una grata metallica.

Naturalmente in paese c'e' qualche rigattiere che vende chincaglieria vecchia mescolata a finti pezzi antichi, e qui ci abbandoniamo ad uno dei pochi acquisti effettuati in questa vacanza (la nostra casa già abbonda in cineserie derivanti dai miei vecchi viaggi di lavoro), un oggetto che ci ha incuriosito per la sua storia. Come qcuscinoualcuno dei lettori saprà avendo visitato un qualche museo di oggetti orientali, i cinesi avevano uno strano concetto di cuscino, l'oggetto essendo sempre un poggiatesta in materiale tutt'altro che soffice (di solito ceramica o legno). In un negozietto abbiamo visto in vendita un oggetto chiaramente riconoscibile come "cuscino cinese" che era però una scatola con le pareti interne iscritte e contenente tavolette con ideogrammi cinesi. Il venditore ci ha spiegato che quello era un "cuscino della sposa". Le mamme cinesi, che presumibilmente avevano la stessa nostra ritrosia ad affrontare argomenti di educazione sessuale con figli e figlie, avevano però la preoccupazione di comunicare alla figlia neosposa come comportarsi nella prima notte di nozze, quando il compagno avrebbe fatto richieste a lei (almeno teoricamente) incomprensibili. Per questo approntavano un cuscino "segreto" che conteneva un rapido corso di educazione sessuale custodendo le istruzioni per la notte, e lo davano alla figlia come regalo di nozze. Abbiamo visto forse un solo esempio di vero vecchio "cuscino di nozze" in un banchetto di rigattiere, ma era troppo malandato e sciupato, perciò abbiamo ripiegato nella versione riprodotta di uno di questi "cuscini". Il cuscino che abbiamo acquistato era in originale una versione "lusso" ad uso dei ricchi che potevano permettersi un eyes warning! x-rated picture! tetta corso illustrato di educazione sessuale, comunicando con le immagini (incisioni su tavolette di bambù) quel che i meno abbinanpingenti comunicavano con le parole scritte.

Da Xidi ci dirigiamo verso Nanping, una altro piccolo villaggio rurale immerso in un paesaggio di risaie che una volta era immagine quasi standard della campagna cinese ma che ormai (come ho citato descrivendo i dintorni di Yangshuo) rischia di scomparire, sostituito da più redditizie colture di frutta e altre messi. Anche Nanping conserva qualche pregevole esempio di sontuosa architettura rurale (l'ossimoro non è casuale: i ricchi latifondisti del luogo sapevano circondarsi di agi sulle spalle dei contadini indigenti, come in ogni altra parte del mondo, prima della rivoluzione maoista).

Anche qui, memori dell'ottima esperienza del giorno precedente, abbiamo invitato a pranzo la nostra guida e il nostro guidatore, facendo scegliera a loro i piatti più buoni e particolari, ed ancora una volta la mossa si è rivelata vincente: ad un prezzo stracciato abbiamo fattrisaieo un pranzo molto vario e squisito. Anche questo paesino ci rivela, negli interni delle antiche abitazioni, pregevoli esempi di lavorazioni artigianali, tra tutte le decorazioni in legno di strutture ed arredi.

Durante la visita ci fermiamo in una di queste antiche case signorili per un tè che ci viene offerto con tutta la cerimonia del caso da una gentile signora, che ci mostra orgogliosa la casa con i suoi arredi stupendi e le suppellettili preziose. Visitiamo la casa fino al primo piano, dove una balconata di legno affaccia sul cortile interno, fino al tetto terrazzato coi prosciutti stesi ad asciugare e da cui si ammira il panorama circostante, con le risaie e la loro vita contadina. Un ultimo sguardo a questa realtà che sembra avere fermato il tempo ad un passato faticoso ma affascinante, e poi il nostro driver gira le ruote verso l'aeroporto di Tunxi, salutiamo lui e la nostra gaia e bravissima guida Hsu e prendiamo il volo verso una realtà completamente diversa, quasi altrettanto aliena ma dal lato opposto: usciamo dal passato e ci tuffiamo nel futuro, Shanghai ci aspetta!

Vai direttamente a: Pechino - Datong e Pingyao - Xi'an - Guilin e Yangshuo - Hangzhou e monti Huangshan - Tunxi, Hangcun, Xidi e Nanping

Shanghai - Foto

Avevamo tenuto come ultima tappa la città per me più importante dal punto di vista emotivo. La nostalgia al pensiero del progetto con l'Università Fudan di Shanghai, durato sei anni, di trenta anni prima mi faceva desiderare di rivedere la città, e di provare qualche confronto con quello che ricordavo. In realtà Shanghai a quell'epoca non l'avevo vissuta da turista, perchè quando andavo, un paio di volte l'anno, c'era sempre molto da fare e gran parte del tempo lo passavo all'Università. Però almeno tre-quattro cose me le ricordavo abbastanza nitidamente: i giardini Yu, il fiume Huang Pu, i mercati, il tempio del Buddha di Giada. E poi ricordo bene la prima volta che mi affacciai dal quindicesiShanghaimo piano dell'Hotel Bao Long, l'albergo in cui alloggiai nel maggio 89: la vera e propria fiumana di biciclette e taxi che invadevano le vie della città. Allora infatti le automobili private erano estremamente rare e appannaggio solo degli alti apparati della burocrazia di partito. Questo stato di cose era però destinato a cambiare molto in fretta, e negli anni immediatamente successivi vidi uno sviluppo esponenziale del traffico privato. Sei anni dopo, nel 1995, Shanghai era già una città attanagliata nel traffico e dall'inquinamento degli scappamenti più o meno come tutte le altre megalopoli del mondo.

Una sensazione che hai viaggiando in Cina è proprio quella della incredibile rapidità di cambiamento. Il centro storico che a Pechino resiste ancora nel quartiere centralissimo degli hutong proprio perchè preservato come una reliquia del passato (anche se sanificato e modernizzato) a Shanghai non esiste più. Il centro è divenuto un affollamento di grattacieli che fanno a gara a chi è più alto. Tanto per parlare della rapidità di cambiamento, quando siamo andati noi, nel 2017 il grattacielo attualmente più alto di Shanghai, della Cina e secondo del mondo (La Shanghai Tower, la fantasia nel nome ha difettato) non era stato ancora inaugurato, mannaggia. Leggo su Wikipedia che ebbe gli ultimi permessi necessari, relativi all'abitabilità nel giugno di quell'anno, e noi eravamo lì solo il mese prima. Peccato, perchè ci piace molto quando siamo in questi posti andare a vedere la città dal punto più in alto possibile, ma all'epoca abbiamo dovuto accontentarci del belvedere messo a disposizione dalla Torre del World Financial Center, che ha "solo" 103 piani e purtroppo è ormai decimo nella classifica dei grattacieli più alti del mondo... Non importa, anche da lì abbiamo goduto di una vista spettacolare del tramonto sulla città, sul fiuTorrime, guardando dall'alto in basso la stupenda torre della Televisione (chiamata la Torre Perla d'Oriente) e la vicinissima Torre Jin Mao.

Ancora sulla velocità di evoluzione in questa nazione incredibile: arrivati a Shanghai, dove non avevamo guida in quanto mi sentivo abbastanza tranquillo da girare autonomamente, sono andato sul Web a cercare una mappa aggiornata della metropolitana della città, in modo da poter girare agevolmente e con poca spesa. Fortunatamente almeno qui le stazioni della metro sono scritte anche in inglese oltre che in cinese, quindi l'ostacolo principale non l'avevamo. Mi sono scaricato una mappa che sembrava la più attuale disponibile, e contemplava ben 14 linee underground. Il giorno dopo, ad un confronto con la mappa disponibile nelle stazioni ci siamo resi conto che nel frattempo eravamo già arrivati a 16. Ho fatto un controllino e attualmente quella che si trova su Internet ne contempla 17, ma sono sicuro che intanto a Shanghai sono come minimo a 20 smile

Vabbè, torniamo al nostro viaggio. A Shanghai abbiamo alloggiato in un Holiday Inn molto bello ed economico, vicino alla stazione. La nostra stanza era in realtà una vera e propria suite con ampio soggiorno con divano, camera da letto matrimoniale e bagno. Essendo alla fine della nostra vacanza, ce la siamo presa comoda ed abbiamo girato per la città senza affannarci nella ricerca della maggior copertura turistica possibile, ma semplicemente andando a vedere le attrazioni più note.

Iniziando dal Tempio del Buddha di giada, che è un vecchio tempio nel cuore della città che custodisce una statua di Buddha che, come facilmente comprensibile, è scolpita in un monolito di giada di dimensioni notevoli. Il tempio era in ristrutturazione sia all'esterno che all'interno, e questo non sarebbe stato un problema non fosse per una attitudine peculiare dei cinesi, che ricordavo molto bene dalle mie prime frequentazioni di questo affascinante paese. Farò perciò un inciso aneddoskylinetico.

La prima volta che sbarcai all'aeroporto di Pechino 32 anni fa avevo il problema di cambiare aereo e prendere un volo nazionale per Shanghai, dopo essere atterrato allo scalo internazionale. Ancora oggi in Cina la difficoltà principale è districarsi con le scritte e i cartelli, che sono nel 99,8% dei casi rigorosamente solo in caratteri cinesi. Io ero quasi disperato, e tentavo di chiedere cosa dovessi fare per cambiare terminal, se si poteva andare a piedi, se bisognava prendere una navetta o un bus o simili. chiesi al primo signore distinto che mi dava un po' di affidamento se sapeva che cosa dovevo fare e quello in un inglese molto stentato e dopo un mezzo sorriso e un attimo di perplessità mi indicò una direzione e mi disse di andare da quella parte, senza ulteriori spiegazioni. Fatta un po' di strada mi ritrovavo nella situazione di prima non avendo indicazioni precise, e chiesi ad un altro che, dopo averci pensato un attimo, mi disse che c'era un bus da un'altra parte, ma senza grande precisione. Chiesi ad un terzo che con un sorriso un pochino assente mi disse che c'era forse un trenino, e mi fece andare ancora in una direzione diversa. Ero sinceramente sconcertato, ritornai nella hall principale e mi rivolsi all'ufficio informazioni (cosa che avrei dovuto fare fin dall'inizio) dove c'era una solerte cinesina che riuscì a capirmi e mi diegiadade informazioni completamente diverse da quelle che avevo avuto fino ad allora. In questo caso però erano corrette. Raccontando l'episodio ai miei colleghi cinesi dopo qualche giorno, quelli si misero a ridere e mi spiegarono l'arcano. Mi dissero che per un cinese, se uno gli chiede una cosa, rispondere negativamente è considerato un atto di grande scortesia. Quindi, se chiedi un'informazione e quello a cui lo chiedi non la sa, non ti dirà mai "non lo so, chiedi a un altro", è contro la buona educazione. Perciò tenterà di arrabattarsi e di risponderti in qualche modo positivamente, magari inventandosi qualcosa sul momento. So che non ci crederete, ma se mai andrete in Cina fate delle prove e vedrete. Torniamo a bomba.

Il tempio del Buddha di giada oltre ad essere in ristrutturazione all'esterno lo era anche all'interno. Come tutti i templi buddhisti è un insieme di tempietti sparsi in un cortile affollato di fedeli e profumato di incenso. I lavori di ristrutturazione erano segnalati da cartelli di deviazione forzata per i camminamenti interni, e le frecce che teoricamente portavano alla famosa statuetta finivano regolarmente in dei miseri cul-de-sac. Allora mi sono messo a chiedere dove fosse sto censura di Buddha famoso, raccogliendo risposte assolutamente incoerenti l'una con l'altra, intervallate da sorrisini imbarazzati e pause di riflessione. Improvvisamente mi sono ricordato dell'episodio all'aeroporto, ed abbiamo messo in pratica una strategia diversa, cercando di seguire il flusso principale dei fedeli, che peraltro non erano numerosi, ed alcuni dei quali sembravano andare a tentoni come noi. Durante il percorso ci siamo imbattuti in diverse statue di Buddha, senza la certezza che quella davanti a noi fosse proprio quella giusta. Alla fine, visto che una statua delle tante ci sembrava proprio di giada, abbiamo deciso unanimemente che quella lì fosse quella che cercavamo. Probabilmente siamo riusciti nell'impresa, almeno confrontando le nostre foto con quelle che si trovano su Internet, ma è stata una specie di caccia al tesoro piuttYu Gardenosto complicata...

Per rilassarci dopo la caccia al Buddha siamo andati ai giardini Yu, uno dei luoghi di visita preferiti dai turisti ma anche dagli abitanti della città. I Giardini "alla cinese" sono una cosa molto particolare di cui noi occidentali facciamo molta fatica ad apprezzare il contenuto estetico. Come peraltro quelli giapponesi. Io ho un po' di cultura che mi deriva anche questa dalle mie passate frequentazioni di volenterosi studenti universitari cinesi che mi spiegarono a suo tempo che cosa un cinese apprezza in un "giardino". D'altra parte quando sei all'interno di un giardino "alla cinese" ti sembra di essere dentro un quadro cinese, per cui anche se non sei avvezzo alla cosa in qualche modo "senti" di stare dentro ad un'opera d'arte. Non è semplice, e non tenterò di spiegare oltre, se vi capita di andarci una volta, ricordatevi questa cosa e magari la ritroverete. Un giardino alla cinese è simile ad un affollato labirinto, in cui ad ogni passo si aprono quinte nuove ed inaspettate. La vista di una pagoda che si staglia su un ambiente montano, un pino abbarbicato sulle rocce, laghetti minuscoli brulicanti di pesci rossi (chiamarli rossi è estremamente riduttivo) di dimensioni impensate e con forme strane e occhi strabuzzanti, rocce che sembrano buttate a casaccio ma seguono una disposizione logica, incastonate tra cespugli fioriti, erbe, ponticelli, draghi di pietra. Potrei scrivere un libro sull'estetica pittorica cinese, che si riflette in questi giardini, nelle ceramiche, nei quadri, nella gestione del territorio dei parchi nazionali. Ma non lo leggerebbe nessuno, quindi non lo scrivo.

tempioTra gli altri luoghi visitati e che ritroverete nelle foto se vorrete guardarle, il tempio di Jing'an. Un bel tempio buddhista, costruito recentemente ma con rispetto della tradizione per quanto riguarda l'architettura, gli spazi, l'atmosfera. Con le regolari torri della campana e del tamburo, di cui forse ho già parlato nel racconto di Pechino. Quello che impressiona, qui, sono gli scorci dei tetti dorati dei templi a pagoda sullo sfondo dei grattacieli di Pudong, che fanno da quinta stridente ma neanche tanto. In fondo sono la fotografia della Cina moderna: un popolo con il cuore nei templi buddhisti e la testa in cima ai grattacieli, a rivaleggiare con gli emirati arabi (che dalla loro hanno solo l'immensa ricchezza del petrolio) e con gli Stati Uniti, simbolo fino ad oggi della superiorità del progresso occidentale e del suo dominio sul mondo. Sia l'una che l'altro sono però soggetti a cambiare rapidamente, me la sento di dire, forse proprio ad opera di questo popolo così distante da noi.

Uno dei pomeriggi l'abbiamo dedicato alla salita sulla torre più alta disponibile all'epoca (sono solo tre anni fa, ma oggi, come ho detto prima, si può andare molto più in alto). Il grattacielo del World Financial Center è più basso della Torre di Shanghai, ma le sue forme sono sicuramente più originali ed ardite. Con la sua enorme cruna rettangolare sulla vetta è facilmente riconoscibile da ogni parte della città. Il grattacielo si trova sulla riva orientale del fiume Huang Pu, nel modernissimo quartiere di Pudong, a stretto contatto oltre che con la già citata Shanghai Tower, con la torre della Televisione detta la "Torre Perla d'Oriente" dalle forme armoniose e dai mille colori e con la torre Jin Mao, un grattacielo dalle forme un pò retró che ricorda in qualche modo l'Empire State del gorillone KingKong. La vista dalla cima della torre è assolutamente spettacolare. Fotografi da ogni dove si piazzano qui con attrezzatPudongure fantascientifiche e con ore di anticipo aspettando il tramonto per immortalarlo con i loro teleobiettivi sesquipedali riparati da teli oscuri poggiati sui vetri del grattacielo per proteggerli dai riflessi. Perfino io, con la mia macchinetta, un po' di attenzione e qualche ausilio in postproduzione ho fatto una delle foto più belle della gita, devo dire...

A sera è obbligatorio passeggiare sulla riva occidentale del fiume, da cui si gode una vista spettacolare del quartiere dei grattacieli. Il lungofiume era il centro commerciale ricco della città fin dall'ottocento. E' chiamato il "Bund" ed ospita grandi alberghi d'epoca, sedi bancarie ed altri meravigliosi edifici in stile fine ottocento-primo novecento. Immergersi nella folla del Bund la sera, con lo struscio di decine di migliaia di persone che come un fiume inondano le rive del fiume è emozionante, l'unica preoccupazione è stare attenti a non perdersi la moglie o chiunque sia in tua compagnia, complici il naso alzato a guardare i colori cangianti dei grattacieli di Pudong e l'incredibile affollamento e confusione... Chi vuole avere un'idea di che cosa vuol dire, può vedersi il breve video che ho girato nell'occasione.

Cito ancora, come suggerimento per chi si trovasse da quelle parti, una visita al piccolo quartiere di Taikang Lu (Taikang Road), molto pittoresco e suggestivo con il suo aspetTaikang Luto inaspettatamente occidentale, gli edifici di mattoni ed un ambiente che ti fa sentire in periferia a Londra o nei vicoli del quartiere storico di Philadelphia, con baretti, piccoli negozi di artigianato, pizzerie e pub. Nelle foto naturalmente troverete anche quelle del mercato, luogo che noi amiamo sempre visitare per comprare non coi soldi ma con gli occhi e con la macchina fotografica, perchè qui non abbiamo certo bisogno di approvvigionarci di altro che non siano ricordi da tenere cari e vivi non sappiamo ancora per quanto.

Tre giorni tranquilli, senza fretta, come dovrebbe essere il turismo non fosse invece spesso una frenesia di mordi-e-fuggi. Li ricordo con particolare piacere anche per il fatto che ci siamo organizzati autonomamente, in libertà, e nonostante questo siamo stati pienamente felici delle scelte fatte e delle cose viste. Siamo ripartiti per Pechino molto soddisfatti, per l'ultimo giorno in Cina, anche questo all'insegna dell'autonomia e del relax, ma senza rinunciare anche in questo ultimo scorcio di vacanza a vedere cose, case, luoghi, gente... Non mi ricordo se ho raccontato l'ultimo giorno a Pechino nella descrizione di Pechino, millemila righe più sopra, ma non ho voglia nè di controllare nè di (ri)raccontarlo qui. Perciò qui finisce questo reportage che, come al solito, avrebbe dovuto essere conciso e compendioso ed invece è stato ripetitivo e prolisso. Chi è arrivato fin qui so che comunque mi perdonerà. cuori

FG