Pensierino ino ino del mese di gennaio 2013:
En attendant le bagneau
Roma, 12 novembre 2012, incontro nazionale dei dirigenti Telecom Italia. Alle 11:30 pausa caffe' dopo le prime soporifere presentazioni manageriali. Per alleggerire il compito della prostata sessantenne, mi dirigo verso i bagni. Lì, davanti alle due porte, una nota stonata. Ho la sensazione di qualcosa fuori posto, che non quadra, ma non so cosa. Poi capisco: la coda e' davanti alla toilette dei maschi...
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Riflessioni postume
Tra il serio ed il faceto, due quesiti secondo me entrambi interessanti: Perche' di solito la coda e' davanti al bagno delle donne? E perche' le donne manager sono una sparuta minoranza?
Il primo tema e' forse di piu' semplice analisi. Supponiamo che negli ambienti in cui un bagno pubblico e' utile (es. in aeroporto, a teatro, in autogrill) la densita' di popolazione dei due sessi sia all'incirca equivalente. Supponiamo inoltre che i progettisti dei cessi abbiano lavorato in coerenza con questa ipotesi, costruendo un numero pressapoco equivalente di postazioni. Le lunghe attese cui le signore ci obbligano in queste occasioni, giustificandole poi con la coda incontrata (mai trovata una coda al cesso maschile, salvo nell'occasione spunto della riflessione), hanno presumibilmente due cause, che possono naturalmente anche sommare il loro effetto nel caso siano vere entrambe, con le conseguenze di cui sopra.
Prima possibile causa: Le donne vanno al bagno piu' di frequente degli uomini(?). La tesi, insinuata anche da Paolo Conte nella canzone "Bartali", e' opinione comune, non so quanto suffragata da studi medici comparativi sulla continenza urinaria femminile. Questa ipotesi probabilmente e' anche pero' controbilanciata da una possibile ritrosia ad effettuare un certo tipo di operazioni in luogo pubblico, prive del comfort della propria residenza (questo atteggiamento a meta' tra il pudore e la schifiltosita' verso un ambiente dall'igiene incontrollato e' forse minore tra la popolazione maschile: a noi quando ci scappa ci scappa!).
La maggior frequentazione delle "public conveniences" potrebbe forse essere frutto anche di esigenze diverse dall'alternativa liquido-solido che spinge noi maschi. Un'operazione di restauro piu' o meno pesante del maquillage, che condivide il luogo con attivita' piu' bassamente corporali, e' per il momento meno frequente nel sesso maschile che in quello femminile.
Seconda possibile causa: il tempo di permanenza in bagno e' maggiore(?). Le operazioni piu' complesse di espletamento delle funzioni (pensate alla comodita' di un urinatoio, e pensate che le donne non ce l'hanno!), la maggiore accuratezza richiesta da alcune operazioni (il restauro di cui sopra) potrebbero far propendere per questa ipotesi. Inoltre sono convinto (non per essermi talvolta infiltrato con improbabili camuffamenti) che davanti allo specchio sopra i lavandini le donne riescano pure ad instaurare una qualche conversazione col vicinato. La propensione di un uomo ad attaccare bottone con persone del proprio sesso rispetto a quella di una donna e' gia' trascurabile, ed in questo tipo di luoghi si riduce praticamente a zero (l'unico rapporto col vicino e' una sbirciatina al di sopra dell'urinatoio per una rapida e piu' o meno inconscia indagine dimensionale).
Quale che sia la ragione, i bagni con l'icona in gonnella sulla porta sono di solito piu' affollati di quelli che ostentano pantaloni e cappello a cilindro.
Seconda considerazione, piu' seria (per lo meno secondo il pensiero dominante) e decisamente di piu' spinosa trattazione. Le donne sono una percentuale infinitesima di ordine superiore al primo sulla popolazione dei manager (o dirigenti che dir si voglia). Non sta a me sottolineare l'incongruenza del fatto, e non solo i sostenitori (e le sostenitrici) delle quote rosa variamente coniugate sanno bene di che cosa stia parlando. Questione difficile e' la disamina del perche', soprattutto se effettuata cercando magari di non appiattirsi sullo stereotipo becero-vetero-femminista secondo cui la malvagita' insita nell'essere maschio sia alla base di ogni squilibrio sessista. So che l'argomento e' spinosissimo e rischio volontariamente la pubblica gogna nell'esternare le mie sensazioni, che tali sono piu' che convinzioni profonde.
Di una cosa sono fermamente convinto: noi maschi siamo diversi dalle donne, e non solo per un qualche dettaglio anatomico-ormonale. Non tento un elenco completo, anche perche' sarebbe veramente arduo, dei vari tratti comportamentali che secondo me (e, sottolineo, in senso statistico e non assoluto) ci dividono dall'altra meta' del cielo. Maggiore tendenza alla competizione, minore attenzione all'altro come persona (minore "simpatia" e maggior egoismo), minor senso pratico, minor tendenza alla mediazione e alla meditazione, maggiore impulsivita' ed autostima. Nel bene e nel male, e sicuramente dimenticando molto, queste sono le prime cose che mi vengono in mente.
Trascurero' in questa mia piccola analisi quei tratti negativi, ma spesso in qesto caso cruciali, che contribuiscono sicuramente alla carriera di molti dirigenti. Mi riferisco alla piaggeria, adulazione e sottomissione acritica rispetto ai superiori gerarchici. Sebbene diverso se declinato al maschile o al femminile (in un caso si chiama leccaculismo, nell'altro teladogratis), infatti, questo tratto comportamentale e' secondo me presente in pari misura in entrambi i sessi.
Sara' che le aziende sono state costruite a misura della societa' maschile, o sara' che si sono così sviluppate in maniera quasi autonoma dalla volonta' umana, per una specie di evoluzione sociologico-darwiniana, il modello di manager piu' funzionale al perpetuarsi dell'azienda come la conosciamo e' secondo me quello maschile. L'azienda capitalista, il cui unico scopo e' la crescita di se stessa (e quindi degli introiti degli azionisti), non puo' evitare di fare la guerra con le aziende concorrenti. E a fare la guerra sono, purtroppo, meglio i maschi.
Chi mi citasse, confutando la tesi, una qualche jeanned'archiana generalessa del passato non farebbe che accrescere la mia convinzione. Ho parlato infatti prima di statistica e non di assoluti, e cosi' come ci sono maschi simpatetici, rispettosi, riflessivi, accomodanti e gentili, e cosi' come questi non hanno grandi chances di diventare manager aziendali, ci sono sicuramente donne competitive, volitive, decisioniste, insomma, quelle che si chiamano "donne con le palle", e queste capita diventino, se sono anche scaltre e fortunate, dirigenti d'azienda. La statistica pero' lavora contro l'ipotesi, almeno secondo me.
Nella mia ormai lunghetta carriera professionale, vent'anni da peon e dodici da cap(ett)o, ho conosciuto capi e manager per trentadue anni (si ha sempre un capo anche quando si e' capo). Ho conosciuto, talvolta molto da vicino, alti dirigenti dagli stili di comportamento spesso abbastanza diversi tra loro. Non ho mai avuto un capo femmina, e un po' me ne dispiaccio. Non mi sarebbe dispiaciuto avere anche questa esperienza e parlare percio' con ancora maggiore cognizione di causa. Ho conosciuto pero' donne capo e donne manager, anche abbastanza da vicino , e le opinioni che ho espresso sopra sono state quasi sempre ampiamente confermate.
Tutto bene, quindi, lo status quo che vede una sparuta minoranza di capi donna e' il migliore possibile, e da conservare? No, naturalmente. Ma e' pensabile imporre quote rosa di manager senza prima cambiare un po' le premesse? Vogliamo allevare ed istruire un esercito di "donne con le palle"? No, non ci sto, non mi piace.
Io credo fermamente che una maggiore presenza femminile in ruoli decisionali porterebbe giovamento al MODO di dirigere un'azienda, orientandolo in maniera da osservare ANCHE principi diversi da quelli della massimizzazione del profitto a tutti i costi. Le donne potrebbero contribuire in modo determinante a far si' che l'azienda fosse un luogo che, nel perseguire i propri sacrosanti obiettivi di redditivita' aiutasse anche la societa' a crescere in maniera sostenibile. Piu' donne dirigenti significherebbe probabilmente maggiore attenzione alle persone, alla loro vita dentro e fuori l'ufficio. Minor ricorso a pericolose strategie finanziarie e maggior attenzione pratica alla produzione di beni e servizi utili... Vabbe', insomma, una specie di utopia.
Ma non se ne esce, le poche donne in azienda sono anche un riflesso delle poche donne in politica, a fare le regole che le aziende devono rispettare. Se non si comincia di qui qualsiasi quota rosa e' destinata a fallire.
Ma... scusate, in fondo le donne sono la maggioranza, no? Allora comincino a votare per le donne. Mandino a cagare Bersani e Monti e Berlusconi e comincino a votare solo in rosa.
Personalmente, pensando alle code al cesso dei maschi e seguendo questo stupido filo di pensieri di una cosa mi sono convinto: alle prossime (molto prossime) elezioni votero' solo donne, con tanto di nome e cognome.
... Sperando di trovarne qualcuna in lista... :-(
FG
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Il 14 Gennaio 2013 alle 15:24:00 FG Ha commentato:
@Vincenza: E' proprio quello che penso: Vediamo cosa siete capaci di fare :-)
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Il 14 Gennaio 2013 alle 8:20:18 Vincenza Ha commentato:
Visti i risultati di migliaia di anni di supremazia maschile tanto varrebbe che iniziassero a governare le femmine, non si potrebbero poi causare molti danni in pių.
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Il 08 Gennaio 2013 alle 16:49:24 Graziella Ha commentato:
Hai affrontato un argomento spinoso. Quando hai trovato il nome di quella donna passa parola.
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Il 24 Dicembre 2012 alle 8:23:01 Vincenza Ha commentato:
Il tempo a disposizione č poco ma i racconti sempre interessanti, un augurio di buone feste, Vincenza