Pensierino del mese di aprile 2016:
Buddhismo all'amatriciana (*)
Con Maddalena condivido l'amore per i viaggi, ed il sud-est asiatico è una regione del mondo che amiamo in particolare. Recentemente siamo stati in Birmania ed in Thailandia, e precedentemente avevamo visitato Sri Lanka, Indonesia ed India (due volte). Pur non essendo coraggiosi esploratori non ci riteniamo neppure turisti della serie tuttocompreso, e quando siamo in giro per il mondo ci piace, oltre che rilassarci e divertirci, guardarci intorno e ragionare su quel che vediamo e udiamo. In questo senso abbiamo una conoscenza non approfondita, ma "di pelle" di molti aspetti della vita delle popolazioni di quei luoghi, e tra queste, naturalmente, dell'aspetto religioso che (purtroppo?) come in ogni altra parte del mondo è molto importante. E di religione, argomento naturalmente più che spinoso e proverbialmente molto scivoloso, parlo in questo piccolo ennesimo sproloquio.
In tempi in cui: il cristianesimo (e non solo il cattolicesimo) è in disfacimento a causa della disaffezione palese di buona parte della sua base, ben più attratta dalle seduzioni edonistiche del vento capitalista che dal richiamo ascetico delle scritture; l'Islam rincorre aneliti di purezza indomita e di ortodossia alle SUE presunte sacre scritture, oltrepassando la scelleratezza e sconfinando nell'orrore in qualche malaugurato caso; l'induismo con i suoi milioni di deità e l'evidente astrusità e complicazione dottrinale risulta incomprensibile ed insostenibile per chiunque abbia una briciola di intelligenza e raziocinio, il buddhismo sembra l'ultima àncora di salvezza per chi non possa proprio fare a meno di un conforto spirituale fondato su presupposti fideistici.
L'idealizzazione occidentale di questa religione (questo il buddhismo è, e cercherò di dimostrarlo per quelli che non fossero disposti ad ammetterlo ed a ritenerlo invece una "scelta di vita di tipo filosofico", interpretazione arbitraria ed antistorica) ha radici che definire antiche è corretto per la velocità di cambiamento della storia recente, ma scorretto in senso temporale assoluto. La rivalutazione nostrana della spiritualità legata alle tradizioni e religioni orientali è stata innescata dalla cultura prima "beat" poi "hippy" degli anni 60-70. Non che la cultura orientale non avesse anche prima lasciato il segno in quella deviata ed onirica di frange alternative al mainstream occidentale (vedi De Quincey e le sue confessioni), ma l'infatuazione della cultura progressive per l'oriente nasce senza dubbio in occasione del viaggio in India dei Fab Four, con il loro innamoramento per Ravi Shankar per la parte musicale, e per i guru parabuddhisti che trasformarono John Lennon nell'icona fricchettona per cui è tuttora noto alla maggioranza degli adoratori (.mau. escluso).
Torniamo al buddhismo. Il termine, qui da noi, richiama alla mente un atteggiamento spirituale, di tipo più filosofico che religioso, che basa la sua attrazione intellettuale sul distacco dalle cose terrene, il disinteresse per i problemi spiccioli del mondo gretto e materiale, per un teorico innalzamento a livelli di coscienza superiori che tendono all'ottenimento di una pace interiore che ci ricongiunga con l'essenza del mondo, con la natura, e con la trascendenza "divina". Anche se dio non è un concetto esplicito nella cultura buddhista, resta (secondo la mia modesta ed illetterata opinione) un aspetto immanente nel pensiero e nelle pratiche di questa religione.
I buddhisti all'amatriciana hanno naturalmente studiato, compreso ed assimilato gli scritti dei maître à penser della tematica, i distillatori di saggezza che spremono gli spunti indubbiamente autentici e positivi di questa scuola di pensiero, e con ciò la elevano a punto di riferimento spirituale. Alcuni (anzi molti) dei buddhisti de noantri hanno anche frequentato corsi di spiritualità, yoga, respirazione rallentata, controllo subliminale delle ghiandole timiche e anche di quelle surrenali (questo però è un corso molto avanzato). Sì, lo so che lo yoga non è caratteristico specificamente del buddhismo, ma abbraccia anche altre dottrine orientali, e proprio perciò qui sta a casa sua. Perché in questo pensierino parlo esattamente di questo: del fascino perverso che l'esterofilia esotica esercita sulle nostre coscienze di occidentali-pancia-piena, stufi del solito e del normale, vogliosi di trasgressione, con l'anelito alla distinzione snob. E' la stessa ragione del successo del sushi (tra gente di minor spessore intellettuale dei buddhisti all'amatriciana, questo agli italobuddhisti glielo voglio concedere ).
Ma il buddhismo è una cosa un pochettino diversa da una filosofia e da un atteggiamento cultural-esistenziale verso la vita. Il buddhismo, come già detto, è una religione, ed una delle più becere. Un puntello essenziale (là dove è diffuso e vissuto dal popolo e non dalle elite intellettuali) per il potere temporale dei ricchi, che usano i monaci buddhisti per mantenere sia il controllo delle classi deboli che la forbice socioeconomica tra la "casta" ed il resto del mondo. Questo abbiamo visto, constatato, testimoniato, nei paesi in cui il buddhismo è praticato giornalmente da milioni di poveretti. Una serie di evidenti finzioni, di riti a volte ridicolmente puerili (vedi il braccialettino di perline di plastica legato dal "monaco" (metto questa parola tra virgolette perché ho rispetto per i monaci)) al polso di chi ha fatto una offerta materiale che gli consente (al "monaco") di mangiare e bere e telefonare con lo smartphone senza fare una beata minchia, se non teoricamente "pregare" per propiziare la salute fisica e spirituale di chi lo mantiene).
In Birmania la cosidetta rivoluzione dei monaci, che ha portato al cambiamento del sistema di potere qualche anno fa, non è stata dovuta ad una opposizione reale del potere religioso (i "monaci") contro quello politico-militare. Il problema era che i "monaci" vivevano, e tuttora vivono, con il sostentamento dell'elemosina fatta loro dal popolo (e già questo la dice lunga sul motivo che ho di odiare questa religione: piante ed animali parassiti non mi sono mai piaciuti). Quando i padroni del vapore (politici e militari) diventano troppo avidi, il popolo ridotto in estrema povertà non riesce neanche più a mantenere la classe media dei servi del potere (i monaci buddhisti). A questo punto, minacciati nella loro stessa sopravvivenza, gli alleati storici del potere si ribellano, chiamano a raccolta i fedeli e riescono nell'intento di riportare la situazione alla "normalità": quella in cui loro non fanno un cazzo (no pardòn, pregano per i fedeli) e mangiano e bevono e navigano su Internet con gli smartphone (e sarei curioso di vedere la percentuale di siti porno visitati) grazie alle donazioni di chi vive molto peggio di loro e spera, dopo la morte, nella reincarnazione in un monaco o in un ricco signore.
Non parliamo poi delle deviazioni da questo andazzo che già secondo me è deplorevole e puzza da lontano di sopraffazione, sfruttamento della credulità, violenza del forte sul debole. Abbiamo visto cose che ci hanno suscitato un sorriso, ma che avrebbero in realtà potuto far venire i brividi. Una interpretazione della tradizione (assolutamente tollerata, se non incoraggiata, dalle gerarchie religiose locali) simile alla variante calvinista (e non sto pensando ai seguaci di Italo) del luteranesimo in Europa. I calvinisti, cosi' come i moderni buddhisti birmani, sostenevano che uno dei modi in cui la benevolenza di dio (per Calvino) o di nonsochi (per i buddhisti) si dimostra in terra è il benessere economico e sociale. Da questo presupposto da una parte (Svizzera) nasce la cultura operosa del lavoro come mezzo di innalzamento di stato sociale, dall'altra (Birmania) nascono atteggiamenti di vera idolatria nei confronti di quelli che hanno ottenuto il successo, la ricchezza e la potenza economico-politica nella vita reale.
E' quasi imbarazzante vedere, nei templi buddhisti birmani, effigi in gesso o in cera (peraltro agiograficamente e vomitevolmente kitsch) dei potenti del paese (che possono essere presentatori televisivi o tycoon dell'industria locale) che stringono tra le dita le banconote donate dai fedeli, nella speranza che il personaggio li aiuti a diventare come lui. Statue di attrici o cantanti, ritratte come dee in altarini sbrilluccicanti di perline e specchietti sono coronate da diademi, collane, anelli anche di un certo valore, lasciate lì come offerta dalle poverine che sperano in questo modo di propiziarsi un piccolo posto nello show-business che le faccia avvicinare a quegli idoli di cartapesta. Le Mariedefilippi della penisola siamese, insomma.
E' desolante. Sarebbe come se da noi, nelle nostre chiese e cattedrali, spuntassero riproduzioni di Berlusconi e di Valeria Marini e queste fossero oggetto di venerazione, adorazione ma anche di offerte materiali (banconote da 20 Euro infilate dove possibile, ed evito ulteriori commenti) da parte di vecchie bigotte e di giovani di belle speranze. Meno male che le nostre beghine si tengono da parte le monetine da 5 centesimi da mettere nel sacchetto del sacrestano quando passa tra i banchi della messa, e meno male che non sono piu' cosi' numerose...
Ci sarebbero mille altri aspetti secondari su cui discutere riguardo alla religione buddhista ed alle sue ricadute sull'arte, sulla filosofia ma soprattutto sulla vita reale dei milioni di persone per cui essa è un riferimento culturale forte ma soprattutto un insegnamento ed uno stile di vita. Non c'è modo, in un pensierino volante, di esprimere tutto quello che abbiamo percepito sulla reale influenza di queste tradizioni millenarie sui giovani birmani o (peggio mi sento) sui giovani thailandesi. Un tomo di mille pagine non basterebbe, ma sono ben disposto a discuterne con chiunque tra i miei amici e conoscenti fosse interessato all'argomento, che mi intriga e mi affascina.
Voglio invece tornare all'influenza che il buddhismo ha qui da noi, ed al perché penso che la sua fama ed il suo successo in piccole frange del pensiero occidentale siano al contempo immotivati ed immeritati. Voglio, con beneficio di inventario, accordare ai quasi-buddhisti italiani ed occidentali in generale la fiducia che essi non pensino veramente di doversi reincarnare in una tenia se malvagi o in Berlusconi (o nel Dalai Lama) se retti, quando moriranno e poi rinasceranno. Credo anche che queste persone abbiano tentato in buona fede di assimilare gli insegnamenti di decine di grandi pensatori orientali (che non hanno nulla da invidiare a quelli occidentali) per inferirne prassi di vita e di pensiero che li aiutino a sopportare l'impotenza di fronte ai dilemmi esistenziali condivisa da noi tutti.
Mi domando però perché andare così lontano a cercare qualcosa che in realtà potrebbe essere molto più prossimo. Se vogliamo spogliare le religioni dalla costruzione perversa che le trasforma in strumenti di mantenimento del potere da parte di una classe dominante, e riferirci invece a ciò che di positivo possiamo ricavare dai loro insegnamenti; se vogliamo inferire ed isolare le ragioni per cui viviamo e moriamo e dobbiamo comportarci secondo coscienza per sentirci in pace con noistessi (quelle rare volte in cui ci sentiamo) non c'è bisogno di Bodhisattva Gautama o comecazzosiscrive Buddha coi suoi enne nomi e le enne al quadrato interpretazioni del suo pensiero. Ma non ci basta Gesùcristo?
Io sinceramente se devo scegliere una direttiva di vita, tra l'algida aspirazione ad un anestetico nirvana in cui cercare la fusione finale con il resto delle creature animate ed inanimate; ed una più sanguigna e vitale (com)passione amorevole verso le altre creature umane (distillando l'insegnamento cristiano), scelgo la seconda. Trovo inoltre che per cercare serenità di vita e linee guida che ci aiutino nella ricerca di armonia con noi stessi e col mondo circostante non servano le religioni, ma basterebbero le notizie che ci arrivano dal mondo della scienza (vedi le ultime scoperte sulle onde gravitazionali). L'interiorizzazione di quanto i mondi dell'infinitamente piccolo e dell'infinitamente grande siano allo stesso tempo reali ed incomprensibili è secondo me più che sufficiente a ricondurci nel cantuccio che la realtà ci ha riservato, a meditare sulla nostra piccolezza ed impotente ignoranza, e a metterci di fronte alla coscienza che, bene o male, ci ritroviamo, anche se a volte ne faremmo volentieri a meno.
Chiudo sottolineando il rispetto profondo che, al di là dello scherzo letterario, nutro per tutte le persone che fanno scelte di vita meditate e basate su riflessione, studio ed applicazione. Non posso però non sorridere quando vedo, in Italia, bonzi (o gonzi?) con svolazzanti tuniche arancione, sandali ai piedi e testa rapata. Mi sembrano fuoriposto, e se posso tollerarli là dove comunque sono frutto di tradizioni millenarie, qui da noi non riesco a considerarli diversamente da quelli che portano i capelli rasta, quelli che si vestono da rapper colle catene d'oro e i braconi a metà della fessa del culo, quelle che ostentano la borsa di Prada e i punkabbestia con la birra aperta in mano e il rottweiler al guinzaglio: espressioni becere di mode passeggere, di tentativi di apparire per emergere dalla mediocrità, cosa cui evidentemente ambiscono e che non riescono ad ottenere in maniera più sana ma, purtroppo, più impegnativa e faticosa.
(*) Perche' non "Buddhismo alla carbonara"? Boh, in effetti ero molto incerto tra i due titoli, ma poi il pomodoro ha avuto la meglio sull'uovo.
FG
Appendice: Materiali per piccole verifiche ed approfondimenti
I filmatini e le foto a supporto dei ragionamenti precedenti sono stati fatti in Birmania ed in Thailandia, due nazioni che nonostante l'odio reciproco hanno un regime religioso assolutamente simile, con gran parte della popolazione buddhista. Una differenza che abbiamo notato (ma non abbiamo scoperto se sia in qualche modo "codificata" o no) è che in Birmania anche le donne possono intraprendere la carriera da monaco (in questa foto un gruppo di monache), mentre in Thailandia non ne abbiamo mai viste. Anche questa una ragione per amare un po' di più la Birmania rispetto alla Thailandia
Il primo e più lungo filmatino riprende l'annuale festa della pagoda di un villaggio rurale birmano. A parte la bellezza della cerimonia e l'aria di vera festa molto partecipata e commovente, mi preme sottolineare (a sostegno di quanto detto sopra) che la celebrazione ha il fine di ricevere le donazioni che le famiglie del villaggio fanno per il sostentamento della Pagoda e dei monaci che ad essa fanno riferimento. Le donazioni si manifestano nella folkloristica fila di offerte confezionate in maniera esteticamente attraente, ma in questa occasione si sostanziano anche (come si capisce nella parte finale della cerimonia) in cospicue somme di denaro che vengono contabilizzate dal monaco tesoriere e poi benedette dal monaco presentatore con la declamazione pubblica del nome del benefattore. Questa parte della cerimonia è rappresentata solo brevemente nel video (@min 9:25), perchè meno folkloristica, ma è parte integrante e motivo scatenante principale della festa, al giorno d'oggi.
Mentre infatti un tempo tutte le offerte ai monaci consistevano in beni di consumo, oggi le offerte sostanziali vengono fatte in denaro, e le varie preparazioni di cibi e generi di consumo (che comunque, se guardate bene il filmato, contengono spesso anche banconote) ne rappresentano ormai il lato tradizionale e folkloristico. Le donazioni in denaro ai monaci sono tutt'altro che anonime, poiché maggiore è la donazione maggiore è la dimostrazione di benessere di chi la fa, in una specie di gara (abbiamo parlato del calvinismo, che come il buddhismo ritiene positiva la prosperità personale). Il nostro autista, che in questo villaggio era di casa, ci ha mostrato con orgoglio, nella pagoda, un altarino che era stato fatto grazie alle donazioni di famiglia. Anche gli "ex-voto", che da noi si limitano ad essere cuoricioni di ceramica laccata, istoriati con dediche degne di radiodeejay, in quei paesi sono alberelli con banconote al posto delle foglie, foglie che vengono naturalmente potate dai monaci e riposte religiosamente(!) in saccoccia.
Nel filmino, che ben riassume tutte le varie fasi di questi riti propiziatori do-ut-des (beni contro preghiere) si notano i rituali, le benedizioni, le genuflessioni, il lento versamento dell'acqua che come vedrete torneranno anche nei successivi documenti. Si vede inoltre una curiosa usanza di "donazione seriale", derivata anche questo dalla tradizione ed ormai completamente stravolta. Un tempo infatti ogni monaco aveva la sua "pentola" per la raccolta di donazioni (come la sacca delle noci di Fra Galdino). Volendo fare una donazione multipla, e quindi non dare qualcosa solo ad un monaco, ma alla comunità, le pentole dei monaci erano talvolta disposte su un tavolo, ed il benefattore metteva qualcosa nella pentola di ognuno. Vista in generale la povertà delle popolazioni (e, aggiungerei, la numerosità dei monaci) la donazione collettiva si risolveva nel mettere una piccola quantità di qualcosa di scarso valore in tutte le pentole dei monaci. Nel filmato (@min 1:10) questa parte del rito è riservata alle ragazze e bambine che, vestite a festa, in processione, con le mani piene di caramelle, passano davanti ad ogni famiglia e mettono in ogni ciotola delle offerte una caramella. Poi, per la gioia delle ragazze, ogni tanto qualcuno raccoglie le caramelle e le rimette in circolo, rendendo più lunga e divertente la cerimonia.
Lo stesso tipo di serialità si riscontra, ad esempio, in un breve filmato ripreso a Bangkok. Qui la cerimonia è stata ritualizzata in maniera evidente: un banchetto "vende" monetine senza valore (probabilmente spiccioli fuori corso recuperati in vario modo): una scodella 20 Baht (mezzo euro). L'acquisto della scodella è la vera donazione. Poi il "fedele" passa a fianco alla fila delle "pentole" e deposita un soldino in ogni recipiente. Naturalmente poi i soldini senza valore vengono recuperati e rimessi in circolo nelle scodelle del botteghino. La tradizione si trasforma in un rito ripetitivo che la snatura (almeno agli occhi di un osservatore), ma mantiene il suo obiettivo di base: mantenere la classe dei monaci, tramite sostanziose elemosine, nel benessere senza farli abbassare a svolgere lavori produttivi.
Anche le cerimonie nei templi di città sono molto meno folkloristiche ed attraenti di quelle viste nel villaggio di campagna. A Bangkok (in questo caso nel bellissimo complesso di Wat Pho) i fedeli acquistano, nel tempio, uno scatolone preconfezionato contenente vari generi di prima (e seconda) necessità (ad una rapida occhiata al contenuto dei bidoni sembra di capire che i monaci siano molto ghiotti ma anche attenti alla salute personale: non mancano mai barrette di cioccolato e confezioni di dentifricio ). Il bidoncino viene poi simbolicamente offerto al bonzo che in cambio recita nenie e giaculatorie, benedice con l'acquasanta (vi ricorda qualcosa?) incamera (anzi, senza neanche sporcarsi le mani, fa spostare da un inserviente) il bidone, regala i braccialettini di perline di plastica (stile quello che si legano al polso i turisti a Copacabana e che viene regalato ai partecipanti allo Sziget Festival di Budapest, vero Ettore?) e riceve la famiglia successiva. Non sarà un gran divertimento, ma meglio che spaccarsi la schiena a riparar le buche nelle sconnesse strade thailandesi...
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Il 28 Aprile 2016 alle 8:25:05 FG Ha commentato:
Ciao Marisa,
scusami per la risposta tardiva ma guardo solo ogni tanto se ci sono nuovi commenti. Ti ringrazio per la generosita' nei giudizi, e mi spiace che tu non veda i filmini. Sono entrambi in Youtube, magari ti scrivo e ti mando gli indirizzi cosi' vedi se riesci a vederli. Quello della festa al villaggio e' secondo me molto bello, e vale la pena. Grazie ancora e ciao!
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Il 23 Aprile 2016 alle 20:18:14 Anonimo Ha commentato:
P.S. NON HO SAPUTO VEDERE I FILMINI ...COME FARE?
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Il 23 Aprile 2016 alle 20:15:16 marisa gallo Ha commentato:
Altro che pensierino volante ! il tuo articolo è davvero splendido svelto e profondo , sacro e dissacrante al tempo stesso particolareggiato ed organico ; basta MI PIACE. non avendo viaggiato molto e men che meno in Asia, gradisco fare letture come questo tuo articolo che non essendo pura teoria aprono meglio la mente alla comprensione umana della pur grande religione del BUDDHISMO. Il tuo stile è sempre super,aggiornato fino agli eventi degli ultimi giorni-vedi ONDE GRAVITAZIONALI- e ad eccezione di qualche complesso rock riesco a capire e a seguirti quasi in toto. Come vorrei saper scrivere così con grinta e consapevolezza e s’intende con spirito d’osservazione, derivato dall’intelligenza e dall’istruzione, ma anche dall'esperienza e dall’amore per i viaggi compiuti tra l’altro con la propria metà MADDALENA –a cui va cmq un plauso perché collabora alla realizzazione del tuo sogno!
Io non ho dimenticato il tuo nome: amore e passione per il TUO bel blog son ancora vivi ,ma c’è che sono entrata in Fb, con qualche altro blogghista ( brutto termine!?)e altri giri...in verità forse meno culturali, meno impegnativi e per me - 77 anni- più sbrigativi e facili.Ma un salto ogni tanto lo faccio con la speranza di trovare qualcosa di squisito e sprint come il BUDDHISMO ALL'AMATRICIANA, per il mio appetito e non credo solo per il mio gusto.
Il 04 Aprile 2016 alle 23:15:05 FG Ha commentato:
Ciao Sassa. Spero di aver capito quel che dici, magari ne parliamo a voce. E' chiaro che nel racconto, come ho sottolineato piu' volte, esaspero un punto di vista dissacrante che comunque e' alla base delle mie riflessioni. L'aspersione con l'acqua santa mi risulta ridicola sia da noi che da loro, ma non prendo in giro chi ci crede, mi spiace solo il fatto che il risultato netto della buona fede di chi crede in queste belinate sia un ottundimento della coscienza critica, e porti al mantenimento dello status quo che preserva i privilegi delle caste al potere (politici e militari) e dei loro servi (preti e monaci). Sono profondamente convinto che le religioni e piu' in generale le ideologie, ivi inclusa quella marxistaleninista e quella newagevegana siano all'origine di tante storture che la storia ci mette di fronte. Molta gente fa fatica a ragionare con la propria testa, e prende la scorciatoia di fedi di tipo diverso. E' questo che mi turba e mi spaventa...
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Il 03 Aprile 2016 alle 9:42:58 Salvatore. Ha commentato:
( ho schiacciato " spedisci" invece che la freccia tra per cancellare il "?".) concludo.
Per chi non vuole fermarsi alla parte folcloristica c'è la possibilità di capirne il significato etico, religioso, sociale. Ma lo stesso vale per i raccontini delle altre religioni. Contenuto che va, secondo me, sottoposto a critica personale sempre e comunque. ma che, proprio per lo sforzo del confronto è della critica " ci rende un po' meno cretini" ( cretini penso abbia a che fare con creduloni, quindi torniamo a bomba sui credi religiosi: da essi si può partire, qualsiasi forma prendano,per cercare la nostra risposta che darà origine alla domanda successiva).
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Il 03 Aprile 2016 alle 9:34:05 Salvatore Ha commentato:
Franco, dovrei dire Guga per il pezzettino di storia che abbiamo condiviso e che, ogni tanto, abbiamo ripreso a condividere.
Anche questo è un tema che condivido volentieri. Di cose me ne hai sollecitate tante ma ora ne dico una sola: quando viaggiavo e visitavo i templi buddisti o induisti le loro rappresentazioni sacre ( statue, disegni murari, bassorilievi, ....) mi rimandavano alle rappresentazioni di topolino, di macchiette caricaturali. Ad un certo punto mi sono accorto che, invece, per le stesse tipologie di rappresentazioni " de noiantri" non provavo la stessa emozione, davo loro, invece, un valore di verità e serietà maggiore. Cioè i fiori di loto che crescevano al passare del piccolo Budda erano cartoni animati, mentre il Cristo che sale al cielo era quasi un documentario. Ma non sono la stessa cosa? La moltiplicazione dei pani e dei pesci non è un raccontino fiabesco ?edificante