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Pensierino di Giugno 2022:

L'intelligenza anchilosata

Come spesso faccio nei miei pensierini verbosi e prolissi (sì, lo so, "verbosi e prolissi" è una ripetizione verbosa e prolissa) premetto una premessa che ritengo doverosamente premettibile e che non è una "excusatio non petita". Sono un appassionato della razionalità, della scienza e di conseguenza della tecnologia avanzata. Non ho nulla contro le nuove tecnologie che, come Internet (che conosco bene tecnicamente, per la mia storia professionale) o la fissione nucleare non sono mai malefiche e possono sempre essere usate per fini condivisibili o meno (per non usare i termini "buone" e "cattive"). Non mi sentirete mai tuonare contro una nuova tecnologia, e questo pippotto non è un tuono o una geremiade, ma un tentativo di approfondimento e di riflessione. Ciò detto.

La tecnologia di cui voglio discutere è la cosidetta Intelligenza Artificiale (IA o AI per gli anglofili). Gli esperti sono pregati di non sottolineare che l'IA non è una tecnologia, perchè la tecnologie sono quelle sottostanti (ad esempio delle reti neurali): io e i miei lettori ci capiamo... wink.

Non ho mai incontrato questo tema per ragioni professionali, ma il caso ha voluto che conoscessi persone esperte dell'argomento che mi hanno descritto qualcosa, almeno a livello divulgativo, sul suo funzionamento. Ma qui non voglio parlare del suo funzionamento (vi posso assicurare che funziona molto bene) ma sulle sue conseguenze sulla nostra specie e sulle specificità che la nostra specie dovrebbe possedere a confronto degli altri esseri viventi naturali e artificiali think.

Faccio un breve excursus storico per ricordare che di intelligenza artificiale si parla dalla invenzione dei calcolatori (non a caso definiti Cervelli Elettronici), se pur con sfumature semantiche diverse.

Più di quaranta anni fa venni assunto nel centro di ricerca italiano allora più prestigioso, quello della SIP. Personalmente lavoravo sul tema delle reti dati, ma all'epoca del mio ingresso in CSELT tre erano i temi trattati più affascinanti e pubblicizzati, per ragioni diverse.

Il tema della sintesi della voce era propedeutico e sicuro viatico ad una sua naturale evoluzione, molto più complessa e perciò elaborata successivamente: il riconoscimento della voce. Parlarne oggi quando basta urlare "Hey Google" o "Alexa ascolta" o "Siri, obbedisci" per essere "compresi" da macchine sembra preistoria, ma erano solo trent'anni fa. Il tema del riconoscimento delle parole pronunciate da una persona era uno dei primi software etichettati come "Intelligenza artificiale". Ma non era l'unico. C'era anche un filone che richiedeva tecnologia di input molto più semplice: bastava una tastiera; ma che risultava perfino più affascinante di un computer che capisce le tue parole pronunciate a voce.

Si credeva allora che dimostrare che un computer era intelligente implicasse dimostrare che sapeva ragionare come un uomo. Perciò l'esperimento classico era mettere una persona davanti ad una tastiera ed invitarla a discorrere con un interlocutore che non poteva vedere. Se lo scrivente avesse chiacchierato per molto tempo senza saper dire se dall'altra parte ci fosse una macchina o un uomo, allora quella sarebbe stata la dimostrazione che la macchina era indistinguibile dall'uomo, e perciò era intelligente! Chi di voi ha visto quel capolavoro che è "Bladerunner" (1982) ricorderà che questo è il tema fondante: l'indistinguibilità della mente umana dalla mente elettronica dei replicanti... smile

Se nel 1982 si fosse chiesto ad un qualsiasi scienziato, tecnologo o tecnofilo quale direzione avrebbe preso l'intelligenza artificiale, lui vi avrebbe indicato quella: la costruzione di macchine intelligenti quanto l'uomo, per surrogare o imitare il comportamento umano. Nessuno vi avrebbe nominato un qualcosa del tipo Alexa o navigatore automatico.

Ma la fantascienza, come tutti sanno, spesso prende cantonate, e questa è una di quelle. Oggi quello che chiamiamo Intelligenza Artificiale solo raramente si misura nel confronto con l'uomo (non so quali progressi abbiano fatto, ad esempio, i giocatori automatici di schacchi, un tempo misura dell'intelligenza artificiale, e non so neanche se a qualcuno interessi ancora qualcosa).

La comprensione dei discorsi umani è ancora fondamentale per l'input (e naturalmente ci si sta lavorando e le tecniche migliorano costantemente, per cui oggi interagire con un computer è molto semplice, anche in linguaggio totalmente naturale). Ma lo sviluppo principale dell'IA (secondo me) è nell'output, in cui si vuole (e lo si ottiene) che il risultato sia moooolto migliore di quello che potrebbe dare un uomo qualunque.

Ora, se anche 40 anni fa era ovvio che un computer potesse trovare molte più cifre decimali di pigreco di quanto avrebbe potuto fare un uomo, pochi pensavano che un computer avrebbe saputo (ad esempio) riconoscere facilmente il volto delle decine di persone inquadrate da una telecamera piazzata su un semaforo, oppure dire il nome di un insetto guardando una fotografia, o trovare la strada da casa mia ad un qualsiasi bucodiculo di posto in Ossezia del Nord tenendo anche conto delle condizioni del traffico e chiedendomi pure con voce suadente e non metallica (come era quella di MUSA): "Ma vuoi pagare pedaggi oppure sei tirchio e hai tempo da perdere?". Senza contare naturalmente i software che rendono milionari i pochi che possono usarli e che giocano in borsa molto meglio e molto più velocemente di quanto qualunque sfigato broker alla Dicaprio possa pensare di fare.

Dunque, tralasciando ambiti specifici (intelligence militare, finanziaria, amministrativa, sanitaria ma anche, ahimè, politica) le applicazioni più diffuse e popolari dell'IA sono proprio quelle che aiutano l'uomo qualunque in task non particolarmente complessi, ma che gli algoritmi software (con una adeguata base dati alle spalle) sanno fare meglio di quanto farebbe lui stesso. I navigatori, i riconoscitori (facciali, ma anche di piante, animali, cime di montagne e impronte digitali) e applicazioni similari sono grandi facilitatori della vita di tutti i giorni, ed hanno conseguenze sul comportamento delle persone, ma anche (secondo me) sul loro uso del cervello.

Faccio qualche esempio basato sull'esperienza personale: prima dell'esistenza di Internet e dei cellulari una parte probabilmente non secondaria della mia testa (memoria) era occupata da numeri: soprattutto numeri di telefono, ma anche (ad esempio) targhe di veicoli, codici di avviamento postale ed altri. Oggi nessuno si stupirà se dico che ricordo a malapena il mio numero di cellulare ma faccio fatica a ricordare quello di mia moglie e non saprei assolutamente dire quale sia quello dei miei figli. Non ricordo a memoria neanche il numero (in realtà una specie di password, perchè oggi composta da numeri e lettere) della targa della mia automobile, e quando la macchinetta che riscuote il pedaggio del parcheggio me lo chiede devo andare a controllare de visu blush.

Mi si dirà che questo è un effetto della consunzione neuronale senile, ma non credo sia solo questo, credo che il mio cervello si sia abituato a ricordare tipi di informazione leggermente diversi da 40 anni fa. Non solo. La cosa che probabilmente mi ha più colpito negli anni recenti è stato l'abbandono (in pratica) di un'attività che mi rendeva orgoglioso perchè ritenevo di svolgerla abbastanza bene: l'orientamento ed il calcolo di percorsi, fossero essi automoblistici o di sentieri montani. Mi rendo conto che da quando esistono i navigatori e le mappe e i localizzatori GPS non esercito più questa parte della mia intelligenza e la delego quasi totalmente alla macchina che mi assiste. Ed il dubbio che mi assilla è: sarei ancora capace di farlo da solo, bene come lo facevo 20 anni fa? Non so rispondere.

Non sto dicendo che man mano che le macchine diventano più intelligenti noi diventiamo più scemi (per lo meno non tutti) e, così come la nascita delle automobili non ci ha fatto atrofizzare le gambe la nostra intelligenza non sarà atrofizzata da Alexa o da Google lens. Ma non posso fare a meno di pensare che il nostro modo di ragionare (e non solo di vivere) ne verrà modificato.

Mi accorgo solo ora che le conclusioni di questo sconclusionato pensierino saranno più brevi di quanto avevo previsto. Infatti mi rendo conto di non avere altro se non sensazioni per avallare la mia tesi, e credo che i dati per confermarla o smentirla potranno arrivare in futuro, ma non sono semplici neanche da definire e perciò sono difficili da raccogliere ed analizzare.

L'ipotesi (che non deve essere dimostrata perchè sotto gli occhi di tutti) è che molti compiti "conoscitivi" di una persona occidentale mediamente istruita, socialmente non reietta e tecnologicamente munita sono aiutati da macchine (dove con macchine intendo hardware più software) che svolgono per suo conto compiti (come la memorizzazione, la ricerca, il riconoscimento) molto meglio di quanto farebbe lui da solo.

La tesi è che l'uso quotidiano e ripetuto di queste tecnologie porteranno un qualche cambiamento nel modo di ragionare delle persone (tutte quelle che le usano, ma anche le altre). Ed un corollario di questa tesi è che l'uso delle stesse tecnologie aumenterà ancora, a dismisura, la forbice (anche sociale) tra chi si affiderà in toto a queste tecnologie, delegando ai loro algoritmi una parte sempre maggiore del proprio ragionamento, e chi invece continuerà a sviluppare una propensione allo studio, al ragionamento, alla critica, alla fatica intellettuale che sola può non solo dare soddisfazioni, ma anche tenere in allenamento quella che riteniamo la caratteristica che più ci distingue, come specie, dagli altri esseri viventi.

La dimostrazione non ce l'ho, e quindi il teorema è fallace, e con questo prevengo le critiche di chi mi accuserà di non avere ragione. Io so magari di non avere sufficienti ragioni, ma credo in fondo di aver ragione, pur sperando che questo non sia vero, e sia tutta una costruzione mentale dovuta al mio fondamentale pessimismo... bleh


FG


Commenti ricevuti:

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Il 26 Maggio 2022 alle 0:48:22 Giancarlo Lepidi Ha commentato:
Come al solito pensierini molto belli, un po' amarcord questa volta. Vengono in mente gli odori dei laboratori di una volta. Ti sei girato indietro a guardare mentre dovresti provare anche guardare avanti in qualche pensierino.

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Il 26 Maggio 2022 alle 8:25:35 FG Ha commentato:
Grazie Giancarlo, mi fa molto piacere scoprire che sei nel ristrettissimo numero dei miei affezionati lettori . Quanto al guardare avanti, sara' per il fatto che una volta ero obbligato a farlo per mestiere, adesso immaginare il futuro mi risulta difficile.